La conclusione della quarta edizione del festival Dionisiache di Segeste offre uno spunto di riflessione sul sito archeologico e sulle tante eccellenze siciliane.
Si è concluso ieri il Festival Dionisiache al teatro di Segesta. Con lo spettacolo la Pazzia di Orlando di Enzo Mancuso. Ero seduto dietro ad una famiglia tedesca che non parlava italiano. Li ho osservati con interesse per capire se e quanto avrebbero retto lo spettacolo.
Nel vederli così silenziosamente affascinati ho provato a mettermi nei loro panni. Erano seduti in un teatro di pietra costruito cinquecento anni prima della nascita di Cristo. Un luogo nel quale altri popoli di altre ere vivevano in quello spazio la socialità dell’arte. Di fronte loro lo spettacolo incredibile di quella vallata su cui si apre il teatro. In scena una famiglia storica rappresentante di un’arte patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco: il Cunto. A ben pensarci, osservare in silenzio era l’unica cosa da fare. Anche se non capisci fino in fondo quanto viene detto sul palco.
Non andavo all’area archeologica da diversi anni. Ho trovato il sito veramente ben tenuto. E non è cosi scontato; di Selinunte non così lontana non si può, purtroppo, dire lo stesso.
La neo-direttrice del Parco Archeolgico Rossella Giglio, che ha salutato ad inizio spettacolo la chiusura del festival, mi è sembrata persona competente e motivata, insomma mi sono sentito rassicurato da come ha raccontato i suoi propositi.
Non vedevo uno spettacolo di Enzo Mancuso da almeno quindici anni. È cresciuto. Ed il cunto con cui ha concluso lo spettacolo mi ha veramente emozionato. Intenso e forte, ha contribuito a creare un’atmosfera onirica.
Credo sinceramente che questa sia la direzione da seguire nella valorizzazione del nostro patrimonio, manifestazioni come queste dovrebbero avere budget maggiori e maggiore sostegno nella comunicazione.
E per concludere un capolavoro, a fine spettacolo i bimbi hanno potuto vedere da vicino i pupi, entrare nel teatrino, socializzare con i figli di Enzo, il più piccolo dei quali avrà avuto l’età di mia figlia e suonava l’organetto durante lo spettacolo.
Devo dire che, quando dopo gli applausi finali, Enzo Mancuso ha presentato la sua squadra: i suoi figli, ho colto il senso di un testimone che passerà, di una storia che continuerà a vivere, ho provato una certa emozione.
Francamente, quando mi chiederò perché non ho lasciato e non lascio la Sicilia, questa serata, con le sue atmosfere e le sue eccellenze, è una delle risposte possibili.