Viviamo in tempi nei quali le riflessione e lo scambio sono subordinati alla difesa pregiudiziale di posizioni preconcette complici gli strumenti che usiamo, ma forse anche il fatto che abbiamo smarrito la lezione del nostro passato.
Il dialogo nei social? Per noi tutto comincia dai greci e chi non fa i conti con i greci non arriverà mai da nessuna parte scrive un filosofo. I greci scoprono che il pensiero può costruire la verità insieme agli altri e affermano che la ragione va messa in comune e posta in gioco in piazza, nella polis. ll pensiero greco, a differenza di quello ebraico che persegue un modello universalistico e lo pone in cielo (da cui le religioni monoteistiche), afferma che l’ universale va collocato in mezzo facendolo oggetto di scambio dialogico.
Il potenziamento delle funzioni cognitive e la neuroplasticità del cervello
Il dialogo? Chi era costui? La costruzione di una visione comune attraverso l’esame di punti di vista opposti? La possibilità da parte del cervello, in quanto neuroplastico, di modificare schemi pre-costituiti e di ri-combinare le connessioni neuronali fissate aprendo la mente e il cuore verso nuove visioni? La bellezza di osservare e ascoltare una critica e utilizzarla come sfida per rendere più profonda e robusta e convincente la propria prospettiva? La possibilità di cablare nuove connessioni nel nostro cervello poiché la corteccia pre-frontale crea nuovi collegamenti al di fuori del territorio familiare della nostra personalità sicchè la nostra identità possa cambiare? La Gioia di non essere sempre la ripetizione di se stessi?
Tutto ciò può avere luogo se, in prima battuta, siamo capaci di inibire la risposta impulsiva, non reagire immediatamente ad una critica, ma rispondere ad essa in modo creativo. La capacità di inibire la risposta impulsiva, unitamente a quella di attivare una flessibilità cognitiva, è una importantissima funzione esecutiva da potenziare nei bambini con cui lavoro. E gli adulti?
La filosofia nasce come pensiero creativo della cittadinanza, come dialogo corale a più voci
“Ma di che diavolo stai parlando?” disse un giorno un ragazzo in un post. “Io conosco solo me stesso.” Hai ragione. Tu conosci Il monologo di una ombra senza corpo che mostra i muscoli ad un’altra ombra di cui non sa nulla. Non conosci Socrate che, con le sue domande e i suoi dialoghi, costringeva la polis greca ad essere sempre vigile e attenta e non addormentarsi dentro luoghi comuni.
Non sai che il moscone ateniese affermava che il principio della democrazia consiste non già nella volontà della maggioranza ma nel diritto della minoranza di esprimere un dissenso, ovvero il diritto di essere una voce sempre critica, libera e fuori dal coro di tutti gli schieramenti. Non conosci più un intellettuale vero che, come Pasolini, produca in te uno spaesamento perché non si fa collocare dentro i nostri rassicuranti e pigri schemi mentali.
Non conosci Tommaso D’Aquino che incarnava il punto di vista dell’avversario, non lo escludeva, lo faceva suo e, grazie all’esplorazione di un punto di vista opposto, riformulava il suo pensiero modificandolo e arricchendolo nelle sue formidabili “disputationes”. Tommaso era imbattibile ma lo diventava, si badi bene, perché ascoltava e assumeva il punto di vista dell’avversario! Non consoci Spinoza che credeva in uno spazio veritativo molto forte ma, nel contempo, era sostenitore ad oltranza della necessità radicale della libertas filosofandi e della democrazia radicale.
La verità, se è tale, è autoevidente. Non ha bisogno, per affermare se stessa, di dimostrare la non verità di ciò che è falso. Basta che mostri la verità di se stessa. Anche la non verità con il tempo viene a galla e si auto nega. La verità non ha bisogno mai di farsi dittatura della verità per essere compresa, sicché tutti possono e devono sperimentare le loro opinioni per raggiungerla.
La comunicazione oggi è veloce, poche frasi, brevi aforismi al massimo.
Ma che diavolo stai dicendo? Sii sintetico. Nei social funziona così”
Voglio dire, amico mio, che esiste sempre la possibilità di realizzare un rio-orientamento gestaltico e una ristrutturazione di campo cognitivo tale per cui le posizioni opposte si modificano reciprocamente. Con la brevità, e senza ragionamento e dialogo, non è possibile farlo. Esiste sempre la possibilità, sotto la guida della ragione e del dialogo, di raggiungere un vantaggio comune.
La democrazia e il dialogo come costituzione sociale dell’individuo
Immaginiamo due circonferenze ed immaginiamo che esse, piuttosto che stare ferme, una esterna all’altra, vengano mosse, poiché il pensiero, se vivo e intelligente, non è statico ma disegna le curva della sua traiettoria e si muove. Immaginiamo che, muovendosi le due circonferenze, si intersechino.
Ecco: si verrebbe a creare grazie a questo movimento (il dialogo come pensiero vivo e dinamico, ovvero il pensiero pensante sempre in azione e non il pensiero pensato e ripetuto in quanto già pensato) una intersezione, ad esempio uno spazio ellittico, uno spazio comune tra le due posizioni che tuttavia restano, e giustamente, entrambe differenti e non identificabili. Questo spazio comune mantiene la differenza tra due posizioni ma individua un’area in cui può essere definita una intesa.
La democrazia come dialogo e creazione di significati condivisi? Come una pratica che si autoistituisce?
Caro amico ti sfugge, pertanto, che creare nuove connessioni sinaptiche attraverso un dialogo dà gioia e ti rende più ricco e più profondo. Noi ci costituiamo socialmente perché esistiamo nel linguaggio. Nessuno può avere accesso al mondo umano senza la mediazione di altri uomini. Ma tu non sei interessato a tutto ciò ma solo a ripetere te stesso. Forse non sai che in logica la falsità di una asserzione non comporta sempre e necessariamente la verità dell’asserzione contraria, bensì solo la verità della asserzione contraddittoria”.
Quid est veritas?
“ Eh? Che cavolo dici?” Replicò il ragazzo. Ascolta: se affermi che è falso che tutte le cose sono bianche non stai dicendo che tutte le cose sono, per ciò stesso, nere, ma solo che vi sono alcune cose non sono bianche e potrebbero essere di altri colori. Qui siamo agli antipodi del motto “chi non è contro di lui non può stare con me. Lo cancello”.
Esprimete le vostre opinioni anche se sbagliate, bisogna esprimerle e bisogna soprattutto ascoltare quelle opposte. Non erigete un muro prima di avere ascoltato. Non sappiate già quello che l’altro sta dicendo. Questa è presunzione. La verità se è tale comporta sempre la possibilità di essere approfondita e riformulata in modo diverso.
La verità non è già data, depositata in una teoria, non è semplice coerenza sintattica del discorso né mera corrispondenza semantica ma prima ancora importa una dimensione pragmatica e intersoggettiva. La verità è ciò che ci consente sempre di cercare la verità insieme agli altri. La critica non è solo, come ben videro per primi i greci, rifiuto e condanna ma anche accoglimento e comprensione. Nel pensiero c’è sempre una pars destruens, una parte critica rivolta alla confutazione del pensiero considerato negativo, affinché possa emergere la pars costruens, pienamente positiva.
Da questo punto di vista viviamo tempi barbari, i tempi della post verità, dove il dialogo è stato rimosso e bandito ed è stato sostituito dallo scontro di monologhi contrapposti. Ciascuno ripete la sua identità contro l’altro. E rafforza quella dell’altro. Mostriamo i muscoli sui social. Ridicolo. Siamo ombre aggressive e arroganti. E forse ha ragione Mughini quando afferma sconsolato che “facebook è una palestra per minchioni”.
Chi non sta con Antigone sta dalla parte di Creonte
Vorrei concludere questo mio intervento con un riferimento alla tragedia greca. Noi tutti stiamo dalla parte di Antigone (potremmo dire scherzosamente che Antigone è di sinistra) e tutti nutriamo profonda antipatia nei confronti di Creonte (che potremmo definire di destra). Ma dobbiamo sapere che per i greci la polis deve essere organizzata insieme e sarebbe distrutta se vincesse solo Creonte ma anche se vincesse solo Antigone: noi tifiamo per Antigone ma la politica non è il calcio. Le ragioni della polis non sono ovviamente quelle di Creonte, ma non possono essere nemmeno solo quelle di Antigone e della mera famiglia; sbagliano entrambi; l’uomo deve trovare in sé la ragione della misura, (il cittadino greco apprende a fare questa operazione a teatro attraverso un grande rito civile e politico): coloro che, sulla base di questa armonia, sanno vivere bene nella città, una città basata sul logos armonioso, saranno i cittadini giusti.