Tempo fa sono stato in competizione per essere candidato sindaco della mia città. Credo sia un onore immaginarsi in questo ruolo ed ancora di più lavorare per la propria città ed esserne il Sindaco. Quando mi immaginavo in quel ruolo, io che provengo da una povera famiglia della periferia, mi immaginavo occasione di sguardo ed ascolto dei tanti figli dimenticati da questa città.
Chi come me vive per strada ogni giorno ha idea del disagio e del degrado in cui versano le periferie. Non mi hanno, pertanto, colto di sorpresa i dati drammatici su Palermo pubblicati da Save the Children.
Il 42% dei bambini in Sicilia vive in condizioni di povertà relativa. Il 60% nelle grandi città vive in quartieri dormitorio. Periferie educative nelle quali il solo orizzonte sono strade male illuminate, che rappresentano la tua condanna per la vita se nasci, ad esempio, in quartieri come Kalsa, Zeb, Cep, Brancaccio. Quartieri di Palermo come Monte Pietà hanno il 23% di non diplomati nella fascia 15/52 anni. I Neet – giovani che hanno completato gli studi, non cercano più lavoro, né continuano a specializzarsi – sono in alcuni quartieri il 26% del totale, contro l’8% dei quartieri più ricchi del centro.
Potrei continuare, ma il quadro è chiaro. Fa molto male leggere di questo stato di abbandono nella tua città.
Individuare le cause è semplice, manca qualunque piano di attenzione alle periferie, centri per i bambini, asili, scuole, luoghi di aggregazione, borse di studio. Manca la visione di una città che vince o perde insieme, unita. A Palermo gli stessi vincono sempre, gli altri perdono sempre.
In questi ultimi anni Palermo ha vissuto purtroppo sulla retorica di cartone dell’amministrazione, che è stata bene attenta a garantire gli interessi dei propri dante causa, quella Palermo radical-chic che vive nei quartieri del centro, e sulla quale si concentrano le uniche attenzioni del Sindaco. Non sfugga che tutta la politica dell’amministrazione si traduce in attenzioni materiali per questa parte della città, come la pulizia, lo sviluppo turistico, la ZTL.
Ma il Sindaco si occupa anche della coscienza di questa ricca Palermo, e lo fa, ad esempio, con la crociata in favore dei clandestini. Immigrati che vengono attirati in città in nome di una retorica vuota e che poi vengono abbandonati agli angoli delle strade a pulire vetri i più fortunati, mentre altri in vario modo finiscono prede e vittime del degrado criminale delle periferie.
Il Sindaco appaga la coscienza sporca di quei pochi ricchi di sinistra che hanno piegato la città alle proprie necessità ed istanze e che provano a pulirsi la coscienza in nome di un umanitarismo che fa loro guardare lontano, ma che li rende ciechi rispetto ai tanti figli della loro terra che vivono in condizioni spesso anche peggiori.
Non spetterebbe a me ricordare loro, oltre al dramma educativo ed esistenziale investigato da Save the Children, anche della povertà delle periferie, degli stupri e violenze ai danni dei bambini, del radicato costume delle spose bambine e tanto altro ancora.
Orlando paladino dell’immigrazione in realtà fa spot per se stesso, sperando, immagino, in qualche incarico internazionale alla fine del suo mandato da Sindaco, che sarà anche la conclusione della sua carriera politica. Come una bella donna per non invecchiare, disposta a vendere la sua anima al diavolo, il Signor sindaco, con le sue assenze e le sue retoriche vuote, sta vendendo l’anima della sua città e dei suoi figli.
Abbiamo bisogno di ripartire, e che la città torni a prendersi cura della città. Se potessi, darei io immediatamente un incarico di grande profilo internazionale al nostro sindaco, all’ONU a New York, oppure ovunque voglia andare, purché il più lontano possibile da Palermo. Lo farei per me, per la mia famiglia, ma anche per i tanti figli di nessuno della mia città.
Concludo come concluderebbe uno degli autori che immagino spesso citati nei suoi salotti buoni. Autore che immagino una certa Palermo ipocrita legga senza ascoltare, facendo finta di non capire. Le cui parole risuonano come degna lapide alla sua carriera politica.
[…] Migliaia di uomini sotto il tuo pontificato,
davanti ai tuoi occhi, son vissuti in stabbi e porcili.
Lo sapevi, peccare non significa fare il male:
non fare il bene, questo significa peccare.
Quanto bene tu potevi fare! E non l’hai fatto:
non c’è stato un peccatore più grande di te.