Il fiume Oreto di Palermo è oggetto di una campagna civica per la sua rinaturalizzazione. Questo intervento si inserisce in un ciclo di interventi sul fiume curati dai principali esperti cittadini volti ad inquadrare il fiume, la sua ecologia, la sua storia, le prospettive e le potenzialità di recupero.
In questo intervento vengono presentate tre note per fornire ai lettori delle informazioni di base sugli aspetti botanici del Fiume Oreto. Più in particolare, vengono messi in risalto alcuni aspetti interessanti della sua flora, viene illustrata la ricchezza e la complessità della sua vegetazione e degli habitat attualmente presenti o potenzialmente recuperabili nel suo bacino idrografico.
Premessa (botanica e non solo)
Perché mai la botanica? In che modo saperne di più sulle piante dovrebbe orientarci nelle scelte da fare per garantire una rinascita duratura del fiume? Perché le piante (e non solo gli alberi!) giocano un ruolo fondamentale nel moderare gli impatti dell’azione umana: esse filtrano e spesso assorbono ed accumulano gli inquinanti, riducono o annullano i processi di erosione, riducono la velocità e di conseguenza la distruttività delle acque. Capire che ‘verde è bello’ ma anche che ‘verde è utile’ è il punto di partenza per una migliore qualità della vita urbana (persino in una città difficile come Palermo) e per una più serena convivenza coi corsi d’acqua, fatto ancora più importante oggi che gli eventi piovosi eccezionali diventano sempre più frequenti.
Capire dove abitiamo – oggi come al tempo delle caverne – è l’unico modo per sopravvivere e vivere meglio all’interno di bacini idrografici già invasi senza criterio né prudenza. La Piana di Palermo è stata abitata dall’uomo già molte migliaia di anni fa proprio per la grande disponibilità di sorgenti e corsi d’acqua. Essa veniva considerata il giardino agricolo per antonomasia nella Grecia classica, poi di nuovo sotto gli Arabi ed i Normanni. Grazie all’abbondanza d’acqua è stata uno dei principali centri di produzione dello zucchero di canna sino al Cinquecento e di agrumi sino agli anni Settanta del secolo scorso.
I fiumi sono dei sistemi dinamici nello spazio e nel tempo, soggetti cioè a continue trasformazioni. Infatti molte cose cambiano di anno in anno e persino di stagione in stagione, non soltanto le specie ma anche le caratteristiche delle acque e dei sedimenti, la geometria e la distribuzione delle comunità vegetali, ecc. Ragionare su scala di bacino (senza dimenticare cioè le montagne che circondano la valle dell’Oreto e le sorgenti che lo alimentano) e tenere in conto la geometria e la storia del fiume permette di pianificare correttamente ed applicare efficacemente le opportune misure per il restauro, la manutenzione, la tutela ed il monitoraggio di questo corpo fluviale. Garantire un migliore ‘funzionamento’ del fiume significa facilitarne la gestione e fruizione, riducendo al massimo i costi economici necessari allo scopo ed i rischi per la comunità locale.
Tra illustri inquilini e ospiti esotici: la flora del Fiume Oreto
Persino l’etimologia del Fiume Oreto appare incerta e controversa. L’ipotesi che il nome attuale derivi da ‘lauretum’ (= bosco, foresta di allori) ci riporta indietro ad un mitico passato in cui buona parte delle sue sponde, soprattutto le aree più ombrose del suo alveo, dovettero essere ricoperte da fitte formazioni arboree in cui l’alloro, i cui semi vengono tuttora dispersi da merli e da altri uccelli comuni, potrebbe avere giocato un ruolo di autentico protagonista.
La flora dell’Oreto, un tempo piuttosto ricca e diversificata, ospitava specie rarissime sull’intero territorio nazionale e regionale come Teucrium campanulatum L., una pianta aromatica della stessa famiglia del rosmarino, non più osservata nel recente passato. Sulle sponde del fiume sono state persino scoperte delle specie assolutamente nuove per la scienza. L’Oreto rappresenta infatti il cosiddetto ‘locus classicus’ – cioè il luogo dove per la prima volta è stato osservato e descritto un organismo mai visto prima – per Carex panormitana Guss., un’erba perenne della stessa famiglia del più famoso papiro, scoperta nel XIX secolo presso il ‘Ponte della Grazia’ (vicino all’odierna borgata di Villagrazia). Nei secoli successivi questa specie emblematica (sono ben pochi i fiumi europei che possono vantarsi di ospitare specie così esclusive) è stata ritrovata anche altrove. Essa risulta tuttavia una specie rarissima, considerando che in tutto il mondo essa cresce solamente sulle sponde del medio corso dell’Oreto e lungo alcuni torrenti della Sardegna e della Tunisia settentrionale!
Ma non è tutto: Centaurea macroacantha Guss., un fiordaliso spinoso scoperto proprio negli ambienti urbani di Palermo nel XIX secolo, cresce oggi soltanto presso la foce del fiume. Questa specie vive soltanto in ambienti ruderali, cioè disturbati e ricchi di nutrienti (ruderi, incolti, cumuli di macerie, terreni di riporto, argini e sponde di fiumi e torrenti, ecc.). Insomma, finché c’è l’Oreto c’è speranza…
I
l medio corso del fiume Oreto, poco sotto l’abitato di Altofonte, ospita l’unico popolamento spontaneo dell’Italia centro-meridionale di un gelsomino a fiori gialli, Jasminum fruticans L., ed il popolamento più occidentale al mondo di Platanus orientalis L., albero comune nei torrenti e nei boschi umidi del Mediterraneo orientale e del Vicino e Medio Oriente.
Oggi il fiume – come del resto gran parte dei fiumi europei – ospita numerosissime piante esotiche (per lo più provenienti dal Nord e Sud America, dall’Asia subtropicale, ecc.) che si sono inserite nelle comunità vegetali locali sfruttando il disturbo – esasperato dalle opere di manutenzione delle sponde artificiali – e l’inquinamento. Non tutto è perduto, persino in un contesto così pesantemente e frequentemente disturbato dall’azione diretta ed indiretta dell’uomo: la presenza, la frequenza e la fitta copertura di numerose specie spontanee legate alle sponde fangose e umide e la presenza rigogliosa di salici già pochi anni dopo gli interventi distruttivi di “pulizia” del tratto cementificato finale dell’Oreto confermano che questo fiume è tuttora in grado di ‘riprendersi’ da solo, dando vita ad ecosistemi ricchi di specie animali e vegetali.