Partinico esemplificativo dell’entroterra. Quello che oggi viene inteso e raccontato come problema razzismo ha un altro possibile punto di vista.
Dico la mia dalla prospettiva dell’entroterra, da Partinico, una cittadina di medio-grandi dimensioni, con tutti i problemi, enormi, della provincia siciliana.
La politica di accoglienza di questi anni ha permesso la nascita folle ed incontrollata di numerose strutture. Partinico da solo conta 15 strutture di accoglienza.
Mancata integrazione dovuta all’assenza di pianificazione ed organizzazione
Queste presenze sovradimensionate rispetto alla popolazione, in aggiunta ad un sistema non organizzato e non programmato, sono la principale causa della mancata integrazione all’interno della comunità, con le conseguenze sociali che potete immaginare. La testimonianza è data dal fatto che, quando a Partinico gli immigrati erano in numero ridotto, questi sono stati integrati con facilità: molti si sono sposati e hanno creato una famiglia; quindi porre la questione in termini di razzismo è riduttivo ed ingiusto.
Le popolazioni, soprattutto quelle dell’entroterra, ed il caso di Partinico è esemplificativo di quanto accade in molte aree, pagano l’assenza di pianificazione con ricadute negative per chi quotidianamente vive queste realtà. Più che accoglienza mi pare un modo ipocrita per ammassare le persone senza cura né rispetto per chi accoglie e chi viene accolto.
I centri di accoglienza strumenti operativi
Hanno operato male anche le amministrazioni locali in questi processi, e mi piacerebbe chiedere al Sindaco di Partinico che verificasse l’impatto delle molteplicità di queste strutture sul tessuto socio economico della città. I numerosi centri di accoglienza dovrebbero diventare strumenti per governare le presenze migratorie, operando con intelligenza e umanità. E il sistema dovrebbe rilasciare il permesso di soggiorno secondo quanto previsto dalle norme e, comunque, tenendo conto che è sbagliato e pericoloso rilasciarlo se uno straniero non è in possesso di un contratto di lavoro che possa garantirgli di potere procurare a sé ed alla famiglia i mezzi di sostentamento, una casa dignitosa e il denaro per eventualmente rientrare in patria.
Va tenuto conto che gli immigrati non dispongono del sistema di protezione dato dalla famiglia, visto che sono generalmente soli. E in assenza di uno stato presente che governi i processi possono trovarsi facilmente nella condizione di commettere reati pur di soddisfare bisogni primari, divenendo molto facilmente manovalanza a basso costo per la malavita.
L’agricoltura come strumento di integrazione
Chiediamo di studiare dei progetti di inserimento graduale di queste persone nell’ambito agricolo. Anche informandole dei loro diritti. Per evitare che finiscano loro malgrado ad essere sfruttate ed a distruggere il valore del lavoro nei campi. È noto infatti come spesso gli immigrati clandestini sono sottoposti a sfruttamento e sottopagati e finiscono per attirare legittimamente rancore e diffidenza da parte della manodopera locale, perché nei fatti la sostituiscono facilmente in ragione del fatto che questa, per garantire un minimo di standard europei, ha esigenza di ottenere una paga oraria più alta.
Tutto questo permetterebbe una integrazione sana all’interno della comunità. Nello stesso tempo si potrebbe incentivare lo sviluppo dell’agricoltura in modo rispettoso di tutti i lavoratori. Siano essi immigrati o meno. L’attuale sistema crea un clima di diffidenza, problemi e incomprensioni tra le comunità. Solo l’ipocrisia e la mancata conoscenza della realtà delle cose può imputare tutto ciò al razzismo.
Conclusioni
Serve assolutamente integrare queste persone con il lavoro e la partecipazione alla vita della comunità. Molti dei nostri figli sono costretti ad emigrare: Germania, Francia, Stati Uniti, nessuno regala loro nulla. E credo lo stesso dovrebbe avvenire nel sistema di immigrazione in Italia. Se lavori, produci, rispetti le regole e contribuisci sei bene accetto.
In ultima analisi io sono per l’accoglienza, ma credo sia indispensabile che sia controllata, perché la provincia e l’entroterra non diventino ancora luoghi dove ammassare le persone senza regole né prospettive.