L’Amministrazione comunale di Palermo ha emanato un bando che prevede il trasferimento dei cani del canile municipale ex-mattatoio presso la struttura dell’azienda aggiudicataria in Campania.
Il bando prevede un incentivo economico per un totale di 380 mila euro, per la durata di 6 mesi. Terminati i quali la metà dei cani trasferiti saranno definitivamente a carico dell’aggiudicatario, mentre per la restante parte è prevista o la riconsegna a Palermo o il rinnovo del bando.
Il provvedimento è analogo ad un altro bando che determinò grandi proteste da parte della associazioni animaliste nel 2017 e che mobilitò tante persone da tutta Italia.
Il bando è stato vinto dalla ATI (Associazione temporanea d’impresa) formata da Dog’s Town e Pets boarding house sas, aziende campane che ieri mattina dovevano avviare l’operazione di trasferimento per i primi 20 cani.
L’amministrazione ha operato ancora una volta senza informare o rendere partecipi le associazioni animaliste locali e i volontari che da anni si occupano di rendere meno indecente la sopravvivenza dei cani nel canile dell’ex-mattatoio. Unica struttura comunale, tra l’altro non a norma, totalmente inadeguata e sovraffollata, che accoglie i cani randagi e abbandonati del comune di Palermo, dopo la chiusura per lavori di ristrutturazione del canile di Via Tiro a segno.
Le associazioni animaliste hanno diffidato l’Amministrazione dal proseguire con questa operazione. Anche la LAV, che ha in corso col Comune un progetto per l’adozione dei cani, si è ritrovata ad assistere all’attuazione di un bando che ha dichiarato essere incompatibile con le finalità dell’associazione.
Inoltre, i cani selezionati per questo primo trasferimento sono in gran parte cani fobici, morsicatori, psicologicamente provati a causa dei maltrattamenti subiti in passato o delle pessime condizioni di detenzione in canile. Cani sui quali le associazioni avevano avviato un percorso finalizzato a renderli adottabili presso famiglie. Spezzare all’improvviso questo legame potrebbe comprometterne definitivamente la possibilità di un recupero, e quindi di un’adozione.
Grande, ovviamente, è la preoccupazione della fine che potrebbero fare questi cani. Una volta finito l’incentivo, l’interesse al mantenimento dei cani da parte dell’azienda inevitabilmente verrebbe meno.
Le associazioni denunciano anche l’insensatezza con cui vengono spesi i soldi pubblici: non per un piano che contrasti il fenomeno degli abbandoni e del randagismo, ma per creare momentaneamente spazio in una struttura che in pochi giorni sarà di nuovo satura, visto che non c’è nessun intervento in atto per contrastare e risolvere a monte il fenomeno.
Per intenderci, è come se si bucasse un tubo dell’acqua a casa vostra e, invece di ripararlo, investisse i vostri soldi a comprare recipienti. Ovviamente soldi e recipienti non sarebbero mai sufficienti.
Il dirigente responsabile del canile ovviamente proclama che è tutto in regola e tutto lecito. In effetti, parole simili le abbiamo sentite ripetere anche per l’analoga vicenda già citata del marzo dello scorso anno, quando alla fine intervenne la Regione Siciliana a fermare i trasferimenti, sui quali emersero alcuni profili di irregolarità.
Intanto ieri il responsabile della Asp ha bloccato il trasferimento perché i mezzi di trasporto dell’azienda aggiudicataria arrivati in canile per iniziare le operazioni di carico dei cani non risultavano a norma. Nel frattempo la Commissione regionale istituita a febbraio di quest’anno per la lotta al randagismo ha annunciato di voler convocare il sindaco Orlando per avere chiarimenti.
L’Amministrazione di Palermo dimostra ancora una volta di essere poco attenta al benessere degli animali e più propensa ad aggirare i problemi invece che mettere in campo azioni risolutive ragionate e ad ampio spettro. Tutto sempre nell’ombra, senza cercare soluzioni condivise con la cittadinanza. La sensazione è che si voglia continuare a rinviare una soluzione quadro ai problemi, provando a nasconderli sotto il tappetto con operazioni spot e tirando a campare. Come se alle fine il conto economico e morale non pesasse comunque sui cittadini.