Non è vero che i morti sono tutti uguali, Totò innocentemente ci ha mentito con la sua livella, per lo meno non lo sono nelle menti di chi resta vivo. Neanche le vittime di mafia sono tutte uguali, ci sono nomi che nessuno ricorda più e sono vittime uccise due volte. Una volta dalla mafia e l’altra volta dalla società, vuoi per il passare del tempo, vuoi perché ci sono mode anche nelle commemorazioni.
Se vi facessi i nomi di Giuseppe Letizia, Giuseppe Amenta, Giuseppe Bommarito o Pietro Morici, pochissimi di voi saprebbero dirmi chi sono. Vittime innocenti della mafia: il primo un bambino di 12 anni testimone dell’omicidio di Placido Rizzotto, venne ucciso con una iniezione letale nel 1946, in ospedale a Corleone, da medici indegni, per evitare che potesse riferire ciò che aveva visto; il Secondo, un Poliziotto ucciso dalla mafia durante un rastrellamento a Corleone nel 1946; e infine, due Carabinieri vittime della strage di via Scobar a Palermo, nel 1983. Per non parlare degli almeno 108 bambini, sempre innocenti, vittime della Mafia.
Il mio amico Roberto Puglisi, un paio di anni fa, parlò di fosse comuni delle vittime della mafia e di borsino della memoria, a seconda che la cerimonia attragga più o meno televisioni e giornalisti. Sono ormai passerelle della memoria, per molti non certo per tutti, che sono una ulteriore offesa ai morti ed ai familiari delle vittime. Ecco perché ieri sera, facendo seguito alla richiesta di Valeria e Tiziana Spinelli, le figlie di Vincenzo ucciso nel 1982, abbiamo deciso di commemorarne la memoria. Un uomo coraggioso che nel 1982 – siamo in un’altra epoca geologica per quanto riguarda il contrasto alla mafia – decise di dire no al pizzo, e fece arrestare gli uomini che avevano fatto una rapina nel suo negozio. Un imprenditore che aveva detto no, proprio come Libero Grassi, ucciso 9 anni prima dell’altro coraggioso imprenditore. Su Spinelli, troppo in anticipo sui tempi, è calato il silenzio della memoria.
Alla presenza delle autorità – in rappresentanza dello Stato il sottosegretario agli interni Stefano Candiani – ma soprattutto delle figlie ho pensato che sarebbe stato giusto ricordare Vincenzo Spinelli, insieme a tutti i morti “dimenticati” della mafia. E così è stato: per la prima volta dopo 36 anni, abbiamo reso giustizia alla memoria del Signor Spinelli e con lui simbolicamente a tutti gli altri.