Mettiamo in pratica l’arte del dialogo. A seguito del mio articolo su scienza e scientismo si sono attivati vari spunti di discussione. Li riporto di seguito in forma di dialogo tra la scienza ed il dialogo.
Prima parte
I: “Ho letto il suo articolo e l’ho trovato interessante. Tuttavia noto una certa ambiguità quando lei separa la scienza dallo scientismo; quando lei critica lo scientismo critica di fatto anche lo scienziato. Lei ignora che vi sono scienziati scientisti che sono ottimi scienziati anche se scientisti.”
M: Non critico lo scientista in quanto scienziato ma lo scienziato in quanto scientista. In verità non critico nemmeno lo scienziato, ancorché scientista, se in buona fede. Comprendo che quando ciascuno di noi dedica tutto il proprio tempo e la propria passione ad una ricerca tende inevitabilmente a sentirsi padrone del significato e della visione a cui ha dedicato tutta la sua energia: è una volontà di potenza umana e comprensibile. Non critico la convinzione personale dello scienziato, anche se egli dovesse ritenere che soltanto all’interno di quella visione si spieghi tutta la verità, piuttosto critico la manipolazione ideologica e opportunista che il potere fa di quel lavoro scientifico.
I: Ma lei svolge la critica nei confronti della scienza sulla base di considerazioni filosofiche esterne alla scienza.
M: Critico non la scienza, ma l’uso ideologico della scienza. E in ogni caso la critica filosofica non è né deve mai essere esterna alla scienza. Sono due momenti distinti in quanto non identici ma non due forme di conoscenza separate. La scienza (la logica la fisica, matematica) ha mostrato scientificamente i limiti della scienza stessa quando essa pretende di essere la Scienza che voglia racchiudere tutto entro un sistema. La crisi dei fondamenti logico matematici, la scoperta della imprevedibilità quantistica e molto altro ancora, che in questa sede non possiamo approfondire, mostrano i limiti di quella presunzione scientista (che non vede la dimensione storica del sapere) ma non della scienza. La comprensione di questi limiti rende più forte la scienza o più debole secondo lei?
I: Più forte
M: Esattamente. Quindi non critico la scienza dal punto di vista di un presunto sapere separato, quello filosofico (così tanto odiato dagli scientisti, ma non dai grandi scienziati) che si ritenga superiore alla scienza, proprio perché non ritengo, che sia possibile separare il momento critico filosofico da quello scientifico all’interno del sapere.
I: Su questo siamo d’accordo
M: E su cosa è in disaccordo? Sul fatto che non possiamo essere d’accordo se valorizziamo il dialogo? O sul fatto che io, poiché non sono scienziato, non posso muovere critiche?
Voglio ribadirlo. È importante: il fuoco della critica è rivolto contemporaneamente sia all’uso interessato, ideologico della scienza, (e non alla scienza tout court), da parte del potere che manipola la sua efficacia per interessi di profitto o di comando politico sulle coscienze, sia a coloro che criticano la scienza in toto.
I: Sono d’accordo
M: Se questo è chiaro lei è d’accordo sul fatto che la scienza non debba censurare nessuna forma di sapere scientifico anche se esso non è ufficiale ma accettare e valorizzare il dialogo come momento critico di quel sapere scientifico?
I: Si
M: Ottimo. Ne sono lieto.
Lo scienziato vero è un umile ricercatore della verità che sa che la verità può essere sempre falsificata sicché non sarà mai intransigente e dommatico e non vorrà mai censurare ipotesi alternative, in linea di principio egualmente legittime, finché non siano falsificate. Lo scientista, al contrario, è il sacerdote della Verità che coincide con la sua prospettiva e perseguita e sopprime ciò che a suo dire verità non potrà essere mai.
I: È vero. Lo scienziato dovrebbe essere ben contento che si voglia valorizzare il suo lavoro evitando che venga manipolato da ragione e interessi che sono esterni alla ricerca scientifica. Tuttavia anche se utopistico pensare che quel lavoro non subisca pressioni e condizionamenti dal potere.
M: Si. Foucault ce lo ha spiegato benissimo. Il sapere potere medico deve essere oggettivo nei suoi metodi e nelle sue scoperte ma è quasi impossibile che possa esserlo nei confronti degli interessi economici che lo condizionano. Ma nondimeno si abbia la onestà intellettuale di ammetterlo e si evitino odiose forme di censura e di arrogante volontà di potenza.
I: Lei ha scritto che il suo intento è quello di difendere la scienza dagli approcci tanto dei riduzionisti positivisti quanto di coloro che negano la scienza, in toto.
Ma anche i positivisti hanno un approccio scientifico.
M: Infatti io non nego l’approccio scientifico dei positivisti ma critico quella visione filosofica di scienza, oggi peraltro abbondantemente superata, che taglia fuori, per ciò stesso, in virtù di un criterio molto ristretto, ciò che non sarebbe scientifico.
I: Faccia un esempio
M: Ad esempio la sociologia, la psicologia, la fenomenologia psichiatrica e molto altro ancora e quindi consegna questo scibile agli opinionisti relativisti che credono che le opinioni sui social siano vere perché tutto è relativo.
Da qui l’ aggressività della comunicazione. Ognuno vuole avere ragione e dimostrare il torto dell’altro.
I: Ma qui lei si contraddice perché ha affermato anche che costoro hanno il diritto di esprimere l’opinione ancorché infondata.
M: Infatti lo ribadisco: costoro hanno diritto di esprimere la loro opinione ma devono sapere che anche in questi settori esiste la scienza (e quindi devono essere stimolati a approfondire le loro opinioni) democraticamente attraverso il dialogo si mostreranno gli strumenti utile a arricchire le loro opinioni.
La verità non può farsi mai dittatura della verità. Siamo democratici.
(Altro interlocutore)
I: Lei si contraddice perché afferma la dimensione storica del sapere scientifico e poi dice che esiste una verità che nessuno dimensione storica potrà abbracciare perché sempre oltre.
M: Si la verità è anche trascendentale, è sempre oltre e l’uomo si arrampica oltre se stesso per raggiungerla. Ma è anche qui, al di qua del limite e noi tutti insieme, se attiviamo una collaborazione tra sapere diversi, possiamo giungere almeno alla quasi verità….il nostro allargare l’orizzonte della visuale, il nostro avvicinarci alla Verità ci dice che la Verità c’è anche se non la raggiungiamo definitivamente.
I: Oggi è una utopia pensare che si possa costruire una prospettiva unificante. Le strade specialistiche delle diverse scienze sono molte, e al loro interno, ricche di ulteriori divisioni.
M: Non importa. Esse partono dalla medesima città antica, centro di irradiazione, del pensiero filosofico, anche se non lo riconoscono hanno in comune la loro origine e quindi anche la loro destinazione. La filosofia nasce dalla esplorazione della natura e la grande fisica oggi si sta ricongiungendo con la filosofia. Noi crediamo nella profonda unità del sapere anche se non potremo mai raggiungerla a sappiamo che, poiché ci avviniamo a essa, la Verità esiste. Ciò che conta non è la verità unificata ma la consapevolezza unificante che rende integrabili prospettive diverse all’interno di un medesimo paradigma della complessità.
La scienza vera dovrebbe essere non al servizio di interessi economici e politici, anche se difficile non esserlo, ma della democrazia e del bene comune, dovrebbe comportare diffusione democratica, non solo delle informazioni scientifiche specialistiche delle varie branche del sapere, ma della consapevolezza e della visione unificante per il bene della comunità. I cittadini non devono essere trattati come dei minorati mentali da guidare da parte della dittatura economica e degli specialisti. Per noi questa è una questione cruciale. Lo spazio dialogico, democratico, ermeneutico, di mediazione tra le diverse prospettive è, e deve essere, uno spazio interno alla scienza stessa.
I: Lei parla di verità con v maiuscola. Ma non esiste la verità assoluta.
M: E lei ne è assolutamente certo? Possiede questa verità assoluta? Io direi che non esiste la possibilità, poiché l’uomo è parte della verità che vuole comprendere di rinchiudere la Verità dentro la circonferenza tracciata dal compasso della sua mente. Questa è volontà di potenza.
I: Allora lei predica la necessità di un pensiero debole?
M: Niente affatto. Solo un pensiero scientifico e filosofico forte può vedere e mostrare i propri limiti. L’uomo è una tensione oltrepassante sempre aperta alla dimensione dell’ulteriore e ha bisogno di tutto se stesso per andare oltre: ragione, cuore, intuizione.
La verità è il presupposto e la meta del nostro agire e noi due, ad esempio, siamo nella Verità, nel sentiero che ad essa conduce, se insieme procediamo lungo la strada di ampliare la nostra visione reciproca. Questo sentiero stretto può allargarsi sempre più e insieme possiamo vedere una porzione sempre più ampia della verità.
La Verità è un cammino e un processo di liberazione dalla verità parziali che di volta in volta vengono messe sull’altare, dal prete di ieri o dal nuovo sacerdote scientista di oggi.
(altro interlocutore)
I: Io sono un medico. Ho letto il tuo articolo ritengo assolutamente fuori luogo affermare che la scienza deve essere democratica perché quando lei ha infezione e deve prendere l’antibiotico per caso la filosofia dell’antibiotico? Ma suvvia siamo seri.
M: Siamo seri certamente. Ancora una volta voi separate il momento scientifico dal momento critico all’interno del sapere scientifico. Ne ho già parlato con un’altra persona che condivideva, ancorché scienziata, questo mia affermazione. Voi separate scientisticamente il contenuto del sapere dalla critica possibile del sapere stesso talché tutto ciò che non è quel contenuto scientifico per voi non è scientifico in quanto sarebbe inverificabile e qualsiasi critica diventa priva di fondamento. L’errore a mio avviso sempre lo stesso. Lo stesso concetto di verificabilità a cui vi appellate per mettere a tacere qualsiasi critica è inverificabile. Scrive un epistemologo “La scienza che spiega tutto non può spiegare se stessa.”
I: Non dire corbellerie. La scienza è un sapere oggettivo.
M: E’ un sapere oggettivo ma non assoluto, è lei che confonde oggettività con assolutezza: ecco qua la trappola della tentazione scientista, di considerare la vostra visione filosofica della scienza come l’unica forma di sapere legittimo; l’oggettività è sempre relativa al piano di significazione e paradigma adottato. La scienza che sa che non può spiegare tutto, al contrario, è più umile e più scientifica. La vera scienza è anche critica della scienza. Ancora l’epistemologo scrive “non crediamo affatto che la scienza esaurisca i problemi del mondo e della verità stessa. Ma che forse oggi c’è uno scienziato serio e consapevole che sostenga più questa tesi?… Da Galilei ad Einstein la scienza è sempre stata anche a critica radicale di tutti i dati siete dell’esperienza che quelli della tradizione”…. Oggi abbiamo virologi che affermano che la scienza salverà il mondo e risolverà tutti i problemi.
Da un lato creano allarmismo, dall’altro si presentano come i nuovi salvatori.
I: Ma lei sa chi è il virologo che contesta? Quali pubblicazioni ha fatto? E lei chi è? Che cosa ha pubblicato. Affidatevi agli esperti invece di stare li a scrivere.
M: Io non sono nessuno, infatti tra poco pubblicherò un libro dal titolo “la verità… di nessuno”. “Nessuno” le sta dicendo che non critica il virologo in quanto egli ha condotto serie di ricerche scientifiche ma critica il virologo quando egli afferma che la scienza salverà il mondo.
L’economia da un alto e la scienza dall’altro salveranno il mondo. Questo non sta accadendo. Dovremmo già essere sulla buona strada. La bomba atomica ha salvato il mondo? La globalizzazione ha salvato il mondo?
I: Non è la scienza che ha lanciato la bomba ma chi ha usato quella scoperta per i propri scopi. Chi ci ha lavorato è stato usato, manipolato.
Ah ok ecco forse diciamo la stessa cosa?
Altro interlocutore
I: Lei scrive bene ma alla fine cosa propone? Non l’ ho capito
M: Nulla. Lo scopo della riflessione non deve essere necessariamente proporre qualcosa. Propongo di riflettere insieme. La democrazia è questo dialogo a più voci. La prassi del pensiero può anche essere interna al pensiero stesso. Propongo di riflettere sulle sottili trappole delle parole con cui le coscienze vengono legate e imprigionate dentro luoghi comuni che impediscono di vedere un alternativa.
I: Bisogna agire
M: Certo ma per chi e in che direzione? Dobbiamo sapere prima se seguiamo il nostro sogno o il sogno dei padroni.