Secondo il Pew Research Center, che ha effettuato una ricerca sull’immigrazione in Italia ed in altri paesi dell’UE, siamo quelli , tra i paesi della UE, che vorremmo meno immigrati: ben il 56% degli abitanti del belpaese vorrebbero che diminuissero, solo il 5% che aumentassero, il 39% non si esprime in merito. Anche gli austriaci poco propensi all’aumento degli immigrati: solo il 6% favorevole, il 40% contrario, mentre in Belgio il 52% è contrario.
Nonostante in Italia non ci sia stato nessun attentato di matrice islamica negli ultimi anni, il 43% degli italiani non vorrebbero avere un islamico in famiglia, e il 21% come vicino di casa, rispetto al 22% e 10% dei francesi. Ma mentre in Italia i musulmani sono “appena” 1 milione e mezzo, in Francia sono 9 milioni e rappresentano quasi il 10% della popolazione.
69% degli italiani non si fida dei musulmani
Sempre secondo queste ricerche, l’Italia è il secondo paese in Europa per diffidenza nei confronti dei Musulmani: il 69% degli italiani non si fida in pieno, contro il 50% degli spagnoli e dall’altro capo della classifica il Regno unito, dove i diffidenti sono solo il 29%. Dunque tanta diffidenza per gli stranieri. Che non significa affatto razzismo o xenofobia. L’Italia non ha storie di colonizzazione importanti o antiche come il Regno Unito, la Francia o l’Olanda. Per cui l’immigrazione è cominciata in tempi molto più recenti, e quindi anche il contatto più forte con religioni altre.
Negli anni 70 l’immigrazione in Italia era praticamente nulla e fino agli anni 80 ha mantenuto proporzioni molto limitate. In realtà dobbiamo necessariamente leggere insieme i dati di sfiducia verso la democrazia in Italia con il “timore” degli stranieri: gli Italiani sono quelli che, nella UE, più diffidano della loro democrazia: ben il 60% non la ritiene all’altezza degli standard sperati (PDF).
Un sistema di accoglienza e d’integrazione deficitario
La paura del diverso è quasi insita nell’uomo, ma superabile con il dialogo ed il confronto, con un sistema che garantisca i cittadini da pericoli esterni e interni. Anche qui l’immigrazione in Italia, non frutto di una struttura coloniale e quindi in entrata e in uscita, da e verso i paesi colonie ed ex colonie, è stata vissuta da molti come imposta. Non frutto di un lento lavoro di assimilazione, ma con le caratteristiche di una invasione di massa. Dove l’integrazione, “processo attraverso il quale gli individui diventano parte integrante di un qualsiasi sistema sociale, aderendo in tutto o in parte ai valori che definiscono l’ordine normativo” come la definisce la Treccani, non sembra avere la minima speranza di essere attuata.
Ecco, se avessimo vissuto in maniera condivisa e lenta questo processo, non lo avremmo vissuto come una invasione. Con tutto quello che ciò comporta. La verità sta nei dati. Nel 2002 secondo l’Istat gli stranieri residenti in Italia erano 1 milione e 300 mila. Nel 2018 si erano più che quadruplicati, arrivando a oltre 5 milioni di regolari. Ai quali dobbiamo aggiungere almeno un altro mezzo milione di irregolari. Nel 1990 la popolazione straniera presente in Italia era lo 0,8%, oggi rappresenta più dell’8%. Forse in questi dati, e in una mancanza di scelte politiche condivise si prtranno comprendere le preoccupazioni degli italiani.