Il fiume Oreto di Palermo è tornato al centro della questione ambientale della città grazie ad una mobilitazione cittadina che vorrebbe rirpistinarlo quale oasi naturalistica. Recentemente in una proposta molto approssimativa di un politico locale è stata indicata la necessita di una ripulitura del fiume dalla vegetazione. Una visione che continua ad ignorare la mobilitazione cittadina e che continua a guardare al fiume come uno scarico fognario da sturare. Abbiamo chiesto di intervenire sull’argomento a Gianluigi Pirrera, ingegnere Naturalistico e Award Europeo 2018 di Soil & Water Bioenginnering.
Ragionare sull’idraulica del Fiume Oreto da un punto di vista storico e del rischio non può limitarsi alla comparazione di ciò che è avvenuto nel periodo 2008 – 2018 come da aerofotogrammetrie estratte da Google Earth. Perché se Google Earth potesse andare ben più indietro nel tempo ci mostrerebbe una situazione ben diversa.
Storicamente, come ci mostra ad esempio una ricostruzione ipotetica realizzata insieme ad una tesista (Roberta Carrara), ci accorgiamo facilmente che il fiume divagava, passava sotto il sito Unesco del ponte dell’Ammiraglio, ed aveva una vera e propria foce. Anzi, le aree non segnate erano per lo più coperte da aree umide, quelle che oggi finalmente riconosciamo come una grande ricchezza ecologica che aveva il suo culmine a monte a Maredolce. Ma si dirà, ormai c’è la città e il fiume non può esser quello di una volta. E’ vero, quello sarebbe quel Parco dell’Oreto che l’urbanizzazione non ci consente più. E allora limitiamoci a ragionare sulle alle aree a rischio esondazione ufficiali, quelle R3 (rischio elevato) ed R4 (rischio molto elevato) del PAI, Piano di Assetto Idrogeologico. Quelle sì che si dovrebbero liberare. Anche questo irrealizzabile? Certo, se continuiamo a pensare che chi ha permesso di occupare queste aree oggi voglia arginare tutto piuttosto che consentire al fiume di andare sui pochissimi spazi oggi rimasti a sua disposizione. Ricordiamoci che ormai è cogente il Piano Generale Rischio Alluvioni, un Piano Sovraordinato ai Piani Regolatori che ci richiede che le aree R3 ed R4 debbano esser soggette a Piani di Recupero urbanistico. Piani di Recupero che devono prevedere la riconversione di insediamenti abitativi e produttivi ricadenti nell’area, la deimpermeabilizzazione almeno delle aree R3 ed R4, un retico idrografico che non sia una rete fognaria, rain garden, la previsione di aree sommergibili e di aree di laminazione delle piene. E’ questa la via da seguire per le amministrazioni comunali di Palermo, Altofonte e Monreale interagenti con il Fiume Oreto.
Non voglio dire che non si debba agire sulle aree del fiume miseramente rimaste. Ma per rinaturalizzarle con un restauro naturalistico che può esser compatibile con le necessità idrauliche, non per “pulirle”. Quindi liberare le aree dalla vegetazione infestante ma per permettere alla vegetazione propria naturale di quella che la ZSC (Zona di Protezione Speciale), più nota con la vecchia denominazione di SIC (Sito di Importanza Comunitaria), ci impone. C’è un Piano di Gestione del SIC da rispettare. Perché l’Oreto è un corridoio fluviale che fa parte della Rete Natura 2000 Siciliana, non un collettore fognario a cielo aperto da liberare come si farebbe per un tubo con un’autospurgo che lo sterilizzi dai valori naturalistici che lo contraddistinguono.