Il fiume Oreto di Palermo è un corso d’acqua che congiunge Palermo, Monreale ed Altofonte. Dopo l’interramento dei fiumi Kemonia e Papireto è l’unico fiume della città di Palermo.
LA VEGETAZIONE DELLA CONCA D’ORO
Con il toponimo Conca d’oro si indica la zona pianeggiante, a forma irregolare che cingeva Palermo per un raggio variabile dai 3 agli 8 km. Questa zona terriera, nel IV secolo a.C. era denominata il “giardino (di Sicilia)” e fu descritta rigogliosa di alberi fino alle porte della città. Il nome, quindi, non ha alcun rapporto con gli agrumi che si trovavano in grande quantità. La Conca d’Oro è un lieve declivio, che dall’altitudine di 100 metri ai piedi dei monti che la limitano (Monte Pellegrino, Monte Gallo, Monte Castellaccio, Monte Cuccio) scende dolcemente sino al mare. La sua area si valuta in 100 kmq. circa ed è tutta una fiorentissima campagna irrigata con procedimenti ed opere che risalgono all’età musulmana, che rendono straordinariamente fruttifera la coltivazione degli agrumi, specie limoni e degli ortaggi. Amministrativamente la Conca d’Oro è ripartita in vari comuni: Palermo, Villabate, Ficarazzi, Bagheria, Altofonte (già Parco), Monreale. Ma la sua maggiore estensione appartiene al comune di Palermo, che vi conta numerose e popolose borgate: Partanna, Pallavicino, San Lorenzo, Resuttana, Altarello di Baida, Villagrazia, ecc. Alla fine del secolo XIX, il geografo Fisher paragonò la “Conca palermitana” ad un enorme gabbiano, le cui ampie ali si distendevano – da Est ed Ovest – da Capo Mongerbino a Capo Gallo; la coda – spiegava Fisher – si insinuava tra i monti di Monreale e di Altofonte, mentre la testa sembrava inabissarsi verso il mare. Nel 1902, l’archeologo e scrittore americano William Agnew Paton, descrisse <”l’incantevole distesa” di quasi 100 chilometri quadrati di aranceti, ulivi, mandorli, gruppi di agavi e di palme>.
In una parte di questa area (Ciaculli e Croceverde-Giardini), è ancora è viva la coltivazione del “Mandarino tardivo di Ciaculli” (Marzuddi). Questo è uno degli agrumi meno conosciuti in loco ma molto richiesto all’estero. La Conca d’Oro è appropriata per accogliere una vegetazione mediterranea, rappresentata da parecchie specie legnose di mezzana statura e piccole che per la maggior parte dell’anno conservano il loro fogliame. La vegetazione trae profitto dal clima mite, cresce in diverse tipi di forme che contrasta con l’uniformità dei boschi dove una specie prevale sulle altre. Nelle zone dove la vegetazione legnosa è meno densa, si nota una vegetazione erbosa, rigogliosa che si rinnova più volte durante l’anno. In prossimità dell’inverno fioriscono vegetali bulbosi e tuberosi, ciò è dovuto alle riserve alimentari accumulate nei loro organi sotterranei. Nei luoghi scoperti dove manca ogni genere di vegetazione perenne troviamo esclusivamente piante annue, nane e fugaci che compiono il loro sviluppo in tempi brevissimi. Più tardi però questa vegetazione fu soffocata dallo sviluppo di piante perenni più grandi a fioritura tardiva oltre agli agrumi, troviamo in prossimità di luoghi scoperti o nelle rupi il Fico d’India che da al paesaggio un’impronta speciale. Qua e la troviamo qualche albero di pino, qualche palma di dattero dallo stipite alto e gentile e dalla chioma elegante. La sua presenza ci riporta alla dominazione araba. A dare un aspetto particolare contribuisce la coltura degli agrumi che primeggia ed occupa la maggior parte dei terreni. Essi provengono dall’Asia subtropicale e si sono adattati perfettamente alla zona, con il loro fogliame largo e denso di color verde scuro. Si calcola che su dieci milioni di piante di agrumi in Sicilia, ben quattro milioni si trovano nella vicinanza di Palermo. Sino alla metà del Novecento, l’area verde conservava la sua vocazione agricola, secondo una varia distribuzione di piante: vigneti a Pallavicino e Bonagia, uliveti a Tommaso Natale, San Lorenzo e Cardillo, agrumeti a Ciaculli, Bonagia e Falsomiele e colture erbacee a Romagnolo ed Acqua dei Corsari. Tra il 1953 ed il 1966, gli agrumeti, uliveti, mandorleti e vigneti, furono in gran parte distrutti dalla speculazione edilizia. Ciò mutò volto al territorio palermitano: la superficie edilizia urbana aumentò del 125 per cento. Oggi è rimasto ben poco della Conca d’Oro.
Una parte della Conca d’oro è attraversata dal fiume Oreto.
Il RAPPORTO TRA LA CITTA’ ED IL FIUME ORETO
Nel corso dei secoli il rapporto tra la città di Palermo ed il fiume Oreto non è mai stato idilliaco, probabilmente perchè esso non costituì l’origine dei primi insediamenti urbani, tantomeno la formazione della Città che già al tempo dei punici avvenne esclusivamente grazie al porto naturale ed ampio. Palermo ha sempre avuto un entroterra facilmente difendibile e delimitato da due corsi d’acqua che ne costituivano i fossati naturali.
Fu quindi la facilità e la sicurezza di questo approdo ad attrarre i mercanti fenici nel VIII secolo A.C.
Probabilmente per questo motivo il rapporto storico tra il fiume Oreto e la città non è assai documentato.
TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE
Nonostante l’antica esistenza del fiume, non esistono testimonianze archeologiche di una concreta vita preistorica sul luogo, nei territori limitrofi sono stati comunque riportati alla luce reperti risalenti al periodo Paleolitico superiore.
Bisogna anche considerare che, a differenza di altre città, l’entroterra palermitano era ricco di sorgenti o forse perché il territorio fu utilizzato prevalentemente come zona agricola.
Da alcuni scavi archeologici effettuati sul luogo nel XVIII secolo ed in quello successivo emerse che nella zona sorsero alcune fattorie e ville signorili, inoltre, nel XX secolo, nel Piano di Sant’Erasmo, durante la costruzione del Gasometro, furono scoperti i resti di una villa di età romana.
LE GROTTE
Il sottosuolo calcarenitico di questa parte di territorio palermitano presenta diverse cavità con una stretta imboccatura a pozzo, lunga qualche metro, che si allarga in un’ampia cavità sotterranea a forma di imbuto oppure a campana. Esse erano cave di pietra rotta, utilizzate in qualche caso come chiesa ipogeica cristiana (vedi il sito dietro la chiesa di Sant’Antonino in Coso Tukory).
NOTIZIE STORICHE
Il fiume fu menzionato per la prima volta nella storia della Città nel 251 A.C., quando il cartaginese Asdrubale, proveniente da Lilibeo “avanzò fiduciosamente scendendo per le gole di Palermo”.
Polibio narrò quando il Console romano Cecilio Metello ” indusse il nemico ad attraversare il fiume che scorre davanti Palermo “.
Per molti secoli non si parlò più di questo fiume, benchè si può arguire che fu usato per irrigare l’agricoltura delle terre circostanti.
Con l’arrivo degli Arabi (anno 831), la vecchia città punico-romana si sviluppò oltre i due corsi d’acqua sia a meridione che a settentrione; sorsero dei quartieri che formarono un borgo non murato (rabad). Il primo vero rapporto tra questo fiume e la Città avviene intorno al X secolo quando lungo il suo percorso furono impiantati lungo la sponda meridionale diversi mulini ad acqua. Il viaggiatore arabo ‘Ibn Hawqal, così lo descrisse: “scorre a mezzogiorno del paese un grande e grosso fiume che s’appella Wadì ‘Aabbàs, sul quale sono piantati di molti mulini, ma l’acqua di esso non si adopera per l’irrigazione degli orti nè dei giardini“.
Nel 1793, un progetto prevedeva l’allungamento della Via Maqueda sino alla convento di Santa Maria di Gesù ma di fatto si arrestò dinnanzi il fiume Oreto a causa delle difficoltà economiche per creare un nuovo ponte.
Nel 1837, dopo secoli che il macello era ubicato all’interno della Città, fu trasferito nei pressi del Ponte di mare.
Nel 1860, presso il Ponte dell’Ammiraglio avvenne la famosa battaglia tra i garibaldini ed i soldati borbonici.
Nel 1862 fu costruito nel Piano di Sant’Erasmo il Gasometro.
Il 29 Aprile 1963, fu inaugurata la linea ferrata Palermo-Bagheria e la prima stazione ferroviaria fu edificata nei pressi della chiesa di Sant’Antoninello lo Sicco, nell’odierna Via Oreto.
Nel 1866, nella contrada Sant’Erasmo fu costruita una stazione per la nuova linea ferrata a scartamento ridotto, Palermo-Corleone.
PERIODO ARABO
In questo periodo, sorse il grande parco reale della Favara creato dall’Emiro Giafar che abbracciava le pendici del Monte Grifone, Chiaranda, Starrabba, Greco, Valle del Fico e arrivava sino alle pendici del Monte Caputo. Questo parco fu suddiviso dagli storici in Parco Vecchio (creato dall’Emiro Giafar), il Parco Nuovo, creato da Ruggero II ed il Genoard (paradiso sulla terra), che nonostante il nome arabo fu creato da Guglielmo I il Malo e completato dal figlio Guglielmo II il Buono.
IL DATTILETO
Gli Arabi, nella zona compresa tra il Ponte Ammiraglio e la chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi impiantarono un vasto Dattileto, un rigoglioso giardino di palme. Nonostante ciò, le prime notizie storiche risalgono al 15 Dicembre 1239, quando, un gruppo di ebrei immigrati dall’Africa si trasferì a Palermo e chiesero all’imperatore Federico II alcuni permessi, tra i quali quello di coltivare le palme da datteri nel vicino castello della Favara.
Un altro documento, datato 29 Novembre 1249, conservato nel Tabulario della Chiesa della Magione è indicato il tenimentum Dactileti prope Olivetum san Joannis de leprosis.
LE COSTRUZIONI SUL FIUME ORETO
Nel periodo Normanno si ebbe un’intensa attività edilizia che riguardò il fiume Oreto.
Nella parte bassa del fiume furono costruiti la Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi (1071).
Nel 1125, l’Ammiraglio Giorgio Antiochia fece costruire il Ponte Ammiraglio. Lo stesso Ammiraglio in prossimità del Ponte Ammiraglio edificò la chiesa di San Michele Indulciis, detta anche San Michele del Ponte.
Nella parte alta del fiume, nel 1088 fu costruita il Monastero della Madonna dell’Oreto; nel 1140, nella contrada Falsomiele, il Monastero di San Nicolò Lo Gurgaro, in seguito denominata Madonna della Grazia.
Successivamente, in prossimità della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi furono erette le chiese di San Nicolò degli Scannati e quella di Santa Maria la Sanità.
Tra il 1173 ed il 1178 fu costruito il Monastero di Santo Spirito.
Nel XIV secolo, la famiglia Chiaramonte, padrona di quasi tutte le terre limitrofe al fiume, costruì nella contrada Guadagna la Torre dei Diavoli e la chiesetta di San Dionisio all’interno dell’odierno Orto Botanico.
Nel 1586, alla foce del fiume Oreto fu costruito il Ponte di Mare.
Nel 1642, nella Contrada della Guadagna fu costruita la chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie.
Il Ponte Corleone: è talmente antico che le sue origini sono sconosciute. Distrutto da uno straripamento del 1720, forse era un collegamento lungo la strada Palermo-Corleone. Nella stessa zona nel 1962 ne fu costruito un altro che porta lo stesso nome.
Il Ponte delle Teste Mozze: era annesso alla Chiesa della Madonna del Fiume (costruita intorno al 1785). Così denominato perché sul luogo si trovava una piccola piramide utilizzata dalla fine del 700 per esporre le teste dei decapitati. Questo ponte è riemerso alla luce durante gli scavi per il tram.
Il Ponte Oreto: è stato realizzato intorno al 1930 su una struttura preesistente.
Il Ponte Beiley: costruito nel 1977, prende il nome dell’ingegnere inglese che lo ha progettato, la cui costruzione risale al 1997, fabbricato con un speciale telaio metallico si trova nel quartiere Guadagna.
INSEDIAMENTO URBANO
Oltre ai due centri principali, (Monreale e Altofonte), in seguito sorsero altre agglomerazioni urbane: Pioppo, Giacalone, Aquino, Malpasso, Pagliarelli, Molara, Santa Maria di Gesù e Chiavelli. Questi piccoli centri nacquero in relazione agli impianti agricoli, trappeti, frantoi, mulini, grazie alla vicinanza del fiume Oreto. Negli anni del 1920, iniziò una frenetica attività edilizia che stravolse le zone adiacenti al fiume Oreto. Fu costruita una zona edilizia residenziale a costo ridotto tra la contrada Filiciuzza ed il rione Perez.
Nel 1928, fu dato l’avvio alla costruzione del Policlinico e qualche anno dopo si iniziò a costruire il nuovo Ospedale Civico e Benefratelli.
CONSIDERAZIONI FINALI
Nell’anno 1778 fu deviato il corso del fiume. Altre volte, alcuni tratti furono persino interrati.
La valle del fiume si sviluppa per una lunghezza di circa 20 kilometri ed ha un’ampiezza di circa 6 km. Il bacino del fiume, tra la sorgente e la foce, si estende per circa 130 chilometri quadrati.
Diverse sono le sorgenti che lo alimentano.
Il territorio compreso tra la città ed il fiume Oreto, fino al XVI secolo ha avuto caratteristiche prevalentemente agricole, soltanto verso la fine del ‘700 fu scelto come primo verde pubblico della Città (Villa Giulia ed Orto Botanico) ma la necessità di trovare nuove aree edificabili ed in seguito la costruzione del Policlinico, Ospedale Civico e Benefratelli, Villaggio Santa Rosalia sovvertì tale scelta, così le zone abitative si insediarono selvaggiamente, stravolgendo l’assetto originario. Tutto ciò è avvenuto senza una programmazione urbanistica, il fiume non è stato tenuto in considerazione, è stato travolto dalle aree edificabili. Anche oggi appare un elemento passivo, quasi estraneo alla vita della Città, i quartieri che si trovano lungo il suo percorso o si affacciano su esso, non hanno una fruizione diretta, tantomeno paesaggistica.