La storia di un amore impossibile che prende la forma dell’acqua, in Sicilia, alla fonte Aretusa di Siracusa.
Si sa, l’amore è forse il più nobile ed intenso tra tutti i sentimenti.
Ma se questo è vero quando l’amore è ricambiato, ancora di più lo è, se possibile, quando l’amore non è corrisposto; quell’amore a cui non è permesso di esprimersi in frasi e baci d’amore; un amore doloroso, struggente, un amore che segna, che crea turbamento, insopportabili pene.
A questo sentimento eterno ed universale in tutto il mondo sono stati dedicati un’infinità di storie; storie che in molti casi hanno contribuito a costruire l’identità di alcuni luoghi avvolgendoli di magia, mistero, fascino e mito. Storie che si imprimono nei luoghi e che si tramandano nei secoli.
Uno di questi straordinari luoghi che fu ispirazione per numerosi scrittori e poeti, è la Fonte Aretusa, conosciuta ai molti col nome di Fontana delle papere.
La Fonte Aretusa è un luogo d’incanto che attira ogni anno numerosi visitatori; uno specchio d’acqua che si trova nella parte più antica della città di Siracusa, nella meravigliosa e suggestiva isola di Ortigia, giungendovi per via sotterranea riversando poi le sue acque in mare.
Storicamente la fonte ha avuto origine da uno degli sfoghi della falda freatica che si trova nel siracusano e che oltre Fonte Aretusa alimenta, sul lato opposto del porto, anche il fiume Ciane.
Il mito associato a questo luogo incantevole è la leggenda della ninfa Aretusa e di Alfeo, uno dei figli del dio Oceano, un fiume che, secondo la mitologia, scorreva nel Peloponneso, nella città di Olimpia e che, secondo il mito, della bella e timida ninfa si innamorò perdutamente pur non essendo mai da lei ricambiata.
Aretusa era una delle ninfe cresciute da Artemide e come lei trascorreva le giornate tra i boschi rigogliosi prossimi al monte Olimpo dedicandosi alla caccia, alla corsa ed al nuoto.
La leggenda narra che un giorno, proprio durante una battuta di caccia, Aretusa si allontanò dal gruppo a seguito di Artemide e che, trovatasi davanti ad un fiume dalle acque così limpide da potervi scorgere la ghiaia sottostante, decise di farvi un bagno per ritrovare ristoro dal caldo afoso.
Tutt’attorno a quel fiume vi era solo una pace smisurata ed una melodia composta dai soli suoni della natura: il frusciare delle foglie al vento, il cinguettio degli uccellini, il soave scialacquio dell’acqua ed altri suoni tipici dei boschi.
Certa di essere sola e di non incorrere in occhi indiscreti, Aretusa si svestì delle sue candide vesti e con portamento sinuoso ed aggraziato iniziò ad immergersi nelle limpide acque del fiume godendo di un bagno rinfrescante.
Accadde però che, proprio mentre stava per uscire dal fiume, intenta a raggiungere la riva, l’acqua iniziò ad agitarsi e fu proprio in quel momento che le apparve Alfeo sotto sembianze umane.
Alla vista della Ninfa il giovane Alfeo rimase colpito dalla straordinaria bellezza di Aretusa, dalla sua grazia e dalla sua delicatezza. Sebbene egli avesse un aspetto straordinariamente bello e i suoi occhi emanavano già la luce di un sentimento profondo, Aretusa, ne rimase piuttosto impaurita invece che affascinata perché tanta era la sua timidezza e tanto il desiderio di nascondersi agli occhi degli uomini.
Non ricambiando il sentimento di Alfeo, Aretusa, prontamente uscì dall’acqua e mossa dal desiderio di proteggersi da Alfeo e dal suo sentimento, ancora svestita si allontanò correndo a perdifiato da quel luogo.
Stremata e turbata, presto le mancarono le forze e fu in quel momento che invocò l’intervento di Artemide la quale per proteggerla dagli occhi di Alfeo, dapprima la avvolse in una coltre e poi la trasformò in una fonte e la condusse fino in Sicilia.
Alfeo non si rassegnò facilmente all’idea di averla perduta per sempre; ormai il fuoco dell’amore ardeva dentro di lui. Decise così di rivolgersi agli Dei perché lo aiutassero a ritrovarla. Zeus, impietosito dal turbamento di Alfeo, decise così di tramutare nuovamente Alfeo in un fiume e gli permise di scorrere sotto il mar Ionio per ricongiungersi così alla sua amata.
Dal Peloponneso Alfeo arrivò fino in Sicilia e raggiunto il porto di Siracusa, nell’isola di Ortigia, restò al fianco della sua innamorata per l’eternità.
Nel 1966 le vecchie banconote da 500 lire italiane riportavano l’effigie di Aretusa, circondata da onde e delfini. Secondo gli storici Strabone e Diodoro, la fonte era infatti così abbondante da contenere un’innumerevole quantità di pesci dalla grandezza straordinaria, cosa che denota il suo collegamento con il mare.
Nei secoli Fonte Aretusa ha subito numerose trasformazioni. Dapprima era circondata da fortificazioni che permettevano di essere raggiunta solo dal mare attraverso una scala molto ripida, terminante in una porta dalla quale, si dice, siano entrati i romani all’epoca della conquista della città.
Oggi rappresenta il cuore di Ortigia e sebbene la siccità e i numerosi terremoti susseguitisi nei secoli ne abbiano a lungo minacciato il secolare afflusso d’acqua, ancora oggi, qui è possibile ammirare uno degli ultimi papireti rimasti in tutta Europa.