I lupunari hanno popolato gli incubi di intere generazioni di Siciliani, ritenuti responsabili di aggressioni e sperizioni, sono per la psicanalisi simbolo delle pulsioni inconsce e represse.
I lupunari in Sicilia
La cultura contadina siciliana è pregna di storie mitiche e racconti legati al lupunaro, già dal medioevo; protagonista di numerosi racconti di avvistamenti al lupunaro si attribuivano aggressioni e sparizioni e per questo nelle notti di luna piena uscire di casa non era ritenuto sicuro per nessuno né, tantomeno, stare in prossimità di sorgenti, torrenti e specchi d’acqua.
La tradizione del lupunaro rimase così a lungo nell’immaginario dell’Isola che anche episodi di cronaca siciliana identificavano talvolta aggressioni misteriose come opera dei lupunari; ne è un esempio ciò che accadde a Palermo nella notte del 2 Novembre del 1983, il ventitreenne Giacomo Cuccia, in attesa alla fermata dell’autobus quella notte venne aggredito e ferocemente addentato da un aggressore la cui identità rimase sconosciuta ma che ben presto venne chiamato “u lupunaru del Politeama”.
Lupunaro si nasce o si diventa?
Gli anziani dell’isola ricordano le ammonizioni che ricevevano fin da piccoli sul non fissare a lungo la luna piena per non correre il rischio di essere trasformati in lupunari.
Nella provincia di Messina invece tradizione vuole che i figli maschi concepiti durante una notte di luna nuova fossero destinati a diventare lupunari soprattutto se nati di venerdì in una notte d’estate. Secondo altre credenze la stessa sorte era destinata ai nascituri nel giorno di Natale e secondo altre nella notte di San Giovanni.
Sempre secondo le tradizioni dell’isola, la trasformazione inizia a manifestarsi nel corso della pubertà esprimendosi in dolori articolari e nella difficoltà a mantenere la postura eretta.
Fin dall’antichità e nel corso dei secoli i lupi mannari hanno caratterizzato la mitologia e il folklore, finanche il suggestivo immaginario siciliano.
La leggenda narra che, nelle notti di plenilunio, mostri famelici ricoperti di peli, con zampe e lunghi artigli, spinti dal proprio delirio si aggirassero per le campagne dell’isola alla ricerca insaziabile di sangue caldo, abbaiando ed ululando alla luna.
Preso dai dolori della trasformazione, il lupunaro vagava alla spasmodica ricerca di specchi d’acqua fresca per poter alleviare la sofferenza.
La credenza del lupunaro, alla quale sono stati dedicati numerosi studi antropologici, ha origini molto antiche.
Origine del Mito
Il termine licantropia ha origine dal mito greco del re Licaone. Ovidio, nel poema “Le metamorfosi”, racconta che un giorno re Liacaone ricevette la visita di Zeus, che si presento a lui sotto sembianze di un uomo comune. Quando Zeus rivelò al re la propria vera identità, egli volle verificare se egli fosse effettivamente un dio, così fece uccidere uno dei suoi ostaggi, Epiro (o secondo altre versioni il figlio Nittimo oppure il nipote Arcade) e ne servì a Zeus la carne.
Infuriato dall’inganno, Zeus diede fuoco al palazzo, uccise i 50 figli del Re e scagliò una maledizione a Liacaone condannandolo ad una vita solitaria sotto le sembianze di un lupo.
Oltre il mito
Da un punto di vista simbolico, il lupo richiama il binomio tra l’uomo e la bestia, tra la natura umana e gli istinti primordali.
Secondo una lettura psicoanalitica, esso simboleggia la dinamica tra l’istinto di vita e l’istinto di morte, nonché tra gli aspetti manifesti e consapevoli dell’esperienza umana e quelli inconsci, repressi o tenuti ben segretati dietro l’effetto della rimozione perché inaccettati.
Anche la luna piena che nel mito consegna l’uomo alla trasformazione brutale, tipicamente simboleggia la presenza simbolica della madre nello sviluppo infantile e potrebbe essere interpretata come l’importanza di scaricare le tensioni accumulate, che non vengono di fatto integrate nell’esperienza cosciente, esattamente come fa un bambino che, ancora incapace di dare significato alla propria esperienza psicofisica, consegna alla madre i propri istinti affinché essa possa riconsegnarglieli trasformati e dotati di senso.
Un parallelo con l’allattamento
Proverò a fare un brevissimo confronto proprio con il rapporto madre figlio rispetto, per esempio, all’esperienza dell’allattamento; i neonati non possedendo gli strumenti di significazione che gli permettono di interpretare il dolore alla pancia come bisogno di essere allattati, piangendo e dimenandosi attirano l’attenzione della madre. Attraverso l’esperienza dell’allattamento, permesso dalla risposta della madre al bisogno del bambino, consentirà di riconoscere il dolore al pancino e la sua integrazione, pian piano, nel tempo della crescita, di questa esperienza a livello cosciente.
Anche la scelta dell’animale in cui si trasformerebbero gli uomini, il lupo appunto, esprime paure ed angosce primordiali che entrano a far parte della mitologia transpersonale proprio perché riguardano ogni uomo.
Scientificamente nel tempo si è concrerizzata l’ipotesi che i lupunari fossero persone affette da gravi patologie psichiatriche afferibili alla psicosi. Nel 1977, l’American Journal of Psichiatry descrive il caso clinico di una donna di 49 anni affetta da una grave forma di schizofrenia caratterizzata da manifestazioni allucinatorie, ossessioni, sessualità instabile. Ricoverata a seguito di un crollo psicotico, la donna tendeva ad imitare comportamenti animaleschi, e ad affermare che la faccia di lupo che si sovrapponeva alla propria quando riflessa allo specchio, testimoniasse la possessione demoniaca.
La spiegazione psichiatrica non è comunque la sola che, al di la del mito, potrebbe provare a spiegare la lupunaria. Avvelenamenti, intossicazioni, specie se da funghi presenti nei depositi di grano, così come l’ipertricosi, cioè la crescita abnorme di peluria corporea in aree generalmente glabre come palpebre e fronte, rendendo il comportamento o l’aspetto bestiale e simile a quello di un lupo, potrebbe spiegare i numerosi avvistamenti e i numerosi riferimenti al mito del lupunaro.
Pur non mancando figure di donne affette da licantropia, il loro numero è notevolmente inferiore rispetto alle trasformazioni di giovani uomini. Esse in genere sono le protagoniste di storie di maaria e stregoneria. Lo sviluppo della sessualità vista con sospetto in ambienti e in epoche caratterizzate da una sorta di sessuofobia potrebbero aver sostenuto lo sviluppo di una mitologia caratterizzata dall’accentuazione dei tratti e degli attributi mascolini come forza, aggressività, muscolatura e sessualità, spiegando la più consueta identificazione tra i lupi mannari e il genere maschile.
Tuttavia, poiché quanto fin qui detto non ci da conferma né contrasta l’esistenza dei lupunari, laddove ve ne trovaste uno al cospetto, vi invito a salire lungo una scalinata perché, leggenda vuole, che essi non siano capaci di salire oltre tre scalini.