Una nuova Europa è possibile. Non un agglomerato di Stati o il mero terminale di interessi economici, ma un’area geopolitica che possa interloquire da pari con chiunque.
Ciò che adesso può sembrare solamente un auspicio, in realtà è un processo le cui basi sono già state poste e che, in un futuro neanche troppo lontano, potrebbe compiersi come progetto strategico politico ed economico. In Europa, infatti, vi sono Stati non più disposti a sottostare al giogo del duopolio Germania-Francia e ai diktat della Bce. Stati che hanno cominciato ad alzare la testa già a partire dalla questione migranti e sulla più generale necessità di autodeterminarsi.
Il filosofo Massimo Cacciari, nella recente intervista resa al quotidiano ilSicilia.it, ha evidenziato giustamente il rischio che il futuro possa riservare uno scenario nel quale vi siano tanti staterelli mossi ciascuno dal proprio nazionalismo, in guerra economica gli uni contro gli altri ai fini di una stentata sopravvivenza. Una guerra fra poveri, che non potrà portare a un rafforzamento dell’Europa, ma esclusivamente alla discesa ulteriore verso il basso. L’analisi di Cacciari e il futuro a tinte fosche che questa lascia presagire non sono da scartare, ma è possibile che la “chiusura in se stessi” non sia l’unica risultante dal processo in atto. Una “terza via”, si diceva sopra, è in cantiere e guarda all’Europa dei popoli e alla loro autodeterminazione, costituendo il superamento dei rischi paventati dal filosofo veneziano: popoli sì artefici del proprio destino, ma uniti fra loro da un sentire comune, da un’idea antica e, al contempo, nuovissima di Europa.
É l’idea dell’Europa Nazione, teorizzata pioneristicamente in un tempo oramai remoto dal giornalista e ambasciatore catanese Filippo Anfuso, ma che diviene oggi attualissima, come alternativa possibile all’Europa liberaldemocratica e a quella social-progressista. Due visioni, queste, che nella realtà altro non sono se non due facce della stessa medaglia, il cui scopo finale è il depauperamento, in termini culturali e di identità, del Vecchio Continente. Un depauperamento, che passa per una iniezione costante di immigrati, al tempo stesso manodopera a bassissimo costo per i “padroni” e con diritti pari a zero e arma culturale da brandire nel nome del tanto auspicato globalismo mondialista, il cui scopo finale è, in definitiva, quello di sostituire i popoli europei con centinaia di milioni di consumatori, privati di qualsivoglia identità.
Per Anfuso, spiega Filippo Del Monte, “la Nazione europea altro non era che la “Patria più grande” delle tante Nazioni”. Quella teorizzata da Anfuso – scrisse ormai molti lustri or sono Adriano Romualdi – “è l’Europa in cerca di una sua unità nazionale in polemica con gli europeismi falsi e faziosi dei collaboratori diretti ed indiretti del comunismo o nei suoi rapporti con l’America […] L’Europa vittima di una sua democrazia invecchiata, grigia, senza energie e senza orgoglio, scioccamente servile e putrida nei suoi partiti, ma tuttavia ancora capace di sentire che fatalmente occorre lasciar posto a qualcosa di nuovo, di più particolare, di più congeniale alle sue necessità” (Adriano Romualdi, Una cultura per l’Europa, ediz. Il Settimo Sigillo).
Come ho scritto alcuni anni fa sul quotidiano Secolo d’Italia, “Anfuso riteneva che l’Europa avrebbe dovuto mettere in discussione i nazionalismi che l’avevano divisa, per proporre un nuovo nazionalismo europeo. […] Peraltro, il sogno di un’Europa Nazione, ben lungi dall’essere una ricetta contingente, appare semmai come la risultanza di un pensiero storico-filosofico compiuto e ben definito, a fronte di un presente grigio, figlio non di un’unità culturale, spirituale o politica, ma meramente monetaria, elaborata a tavolino da colletti bianchi al servizio di interessi finanziari sovranazionali, con tutte le nefaste conseguenze che proprio in questi giorni sono sotto gli occhi di tutti. Fra queste, il tentativo oligarchico di commissariare la politica, affidando i destini dei popoli a cosiddetti “tecnici” che strizzano l’occhio alle grandi banche d’affari internazionali, le stesse che speculano soffiando sul fuoco della crisi, offrendo al contempo, ricette per risolverla”.
Adriano Romualdi sviluppa ulteriormente l’idea-forza di “Europa Nazione”, legandola alle comuni radici dei popoli che ne compongono il tessuto connettivo. Il migliore e più autentico biglietto da visita per la nascita della nuova Europa, secondo Romualdi, risiede, infatti, nei principi della Tradizione, grazie ai quali è possibile superare i singoli nazionalismi.
Questa idea oggi traccia una possibilità di futuro concreta. A ben vedere, l’Europa Nazione è, dunque, ben diversa da un mero rassemblement di stati nazionali. È una carta rivoluzionaria ancora tutta da giocare, poiché può costituire la base per un’alleanza fra nazioni finalmente consapevoli di se stesse, in chiave geopolitica annoverando in questo disegno anche la Russia di Putin, orgogliosamente fiera della propria tradizione e protagonista indiscussa nello scacchiere internazionale.
L’auspicio è che ciò faccia nascere in tempi oramai prossimi l’alternativa eurasiatica agli attuali padroni globali.
L’Eurasia, dunque, potrebbe rappresentare in chiave politica ed economica la riscossa degli interessi sovranazionali europei e preparare il terreno anche al definitivo pensionamento di un organismo logoro come la Nato che, storicamente, ha avuto il ruolo di asservire mezzo mondo agli interessi statunitensi. E del resto lo stesso Trump (che fa dello slogan “America first” il proprio manifesto politico) ha mostrato in più di un’occasione insofferenza proprio verso la Nato; un Trump, che, ovviamente, nonostante i pruriti non può mollare la presa, poiché soggetto allo stretto controllo di coloro che negli States, dopo i primi mesi della sua presidenza, lo hanno ricondotto entro i confini segnati dai grandi poteri d’oltreoceano. Dunque, gli Usa, pur se insofferenti, manterranno la Nato quale strumento di controllo globale.
Una fase nuova per l’Europa è, comunque, alle porte e rappresenta il primo e unico vero superamento della logica di Yalta: l’Ungheria di Orbán, le vittorie dei partiti nazionalisti in Austria e in Svezia, la crescita esponenziale della Lega in Italia, oltre ovviamente alla profonda crisi politica della Francia e della Germania in cui le forze nazional-patriottiche sono in costante crescita, sembrano essere il terreno fertile di questa nuova idea di Europa Nazione, che può germogliare, grazie alle rivoluzioni populiste che nelle urne di tutto il Vecchio Continente sono sotto gli occhi di tutti.
Se i partiti cosiddetti sovranisti comprenderanno il ruolo storico che possono oggi ricoprire, allora quella che fino a oggi è ancora un’idea possibile diverrà un grande progetto di rinascita europea.
Ovviamente i centri di conservazione del potere legati ad organismi multinazionali e ai gruppi globalisti adotteranno ogni mezzo per contrastare un simile scenario. E c’è da scommettere che quelli che oggi vengono agitati come spauracchi di un (inesistente) ritorno del fascismo diverranno domani vere e proprie campagne di mobilitazione planetaria, a cui occorrerà rispondere con maturità.
La risposta dovrà essere politica. La politica delle idee, nel nome dell’identità dei popoli e dell’Europa Nazione, da contrapporre all’arroganza delle agenzie sovranazionali e dei grandi banchieri.
La battaglia, ancora una volta, è quella per l’identità e in ciò, la Sicilia potrà e dovrà essere cuore pulsante, costituendo l’anima mediterranea di questa grande rivoluzione che potrà restituire la sovranità ai popoli.