Il museo Lombroso di Torino espone come trofei crani e membra di Siciliani ed uomini del Sud massacrati nel processo di unificazione d’Italia in quanto ritenuti briganti.
I vincitori raccontano la storia. È noto. Sta ai vinti trovare il mondo di non farglielo fare.
Noi Siciliani siamo parte di una di queste narrazioni. Mi riferisco al risorgimento ed alla sua retorica. Siamo quei vinti sottoposti ad una narrazione che ci riguarda e sulla quale dovremmo ogni tanto soffermarci a riflettere.
La storia anche recente delle occupazioni di Libia o Palestina dimostra che la conquista non è la parte più difficile in una guerra di occupazione. La parte più complessa è mantenere il controllo.
La retorica risorgimentale è stata pertanto necessaria per costruire, almeno nella narrazione, un paese che non esisteva se non nella geografia dei territori.
In questo scenario, ovvero nelle strategie di consenso mediatico dei tempi, si inserisce l’attività di studio di Cesare Lombroso. Considerato padre dell’antropologia criminale e sostenitore del concetto di “criminale per nascita”.
Ovvero per Lombroso si era criminali dalla nascita: l’ambiente e l’educazione non avevano alcuna rilevanza.
Lombroso è stato parte della propaganda sabauda, che aveva esigenza di dimostrare che gli eccidi post unificazione, che costarono la vita a moltissimi innocenti, erano necessari. Chiamando briganti quanti resistettero alla colonizzazione, e dimostrando la genetica del loro delinquere, di fatto le posizioni “scientifiche” di Lombroso ne giustificarono l’eliminazione fisica, spesso in modi crudelissimi.
La scienza in quanto tale si rinnova e su errori costruisce il futuro. Per cui Lombroso potrebbe stare comodamente nei libri di storia, a rappresentare se stesso ed una tappa – se più o meno significativa non sta a me dirlo – del progresso scientifico e della storia dell’uomo. Esattamente per le stesse ragioni che lasciano sui libri di storia personaggi quali Hitler o Pinochet.
Lombroso, informazione aggiuntiva, per sua stessa vanagloriosa dichiarazione, effettuava i suoi studi sui cadaveri spesso trafugandone i corpi.
La questione dicevo potrebbe stare comodamente nei libri di storia, se non esistesse a Torino – e non stupisca che si trovi proprio a Torino – il museo lombrosiano. Il museo espone crani e membra degli studi di Lombroso, in gran parte appartenuti a povera gente ed ai cosiddetti Briganti. Le sue ricerche portarono alla manipolazione di tanti crani e parti del corpo di povera gente che, passata per le armi, una volta uccisa fu ritenuta brigante ed i suoi resti inviati a Torino per essere sottoposti agli studi del Lombroso.
Quei morti ammazzati, in mostra nel museo lombrosiano, andrebbero sepolti e sottratti allo scempio di questa umiliante esposizione. Esiste un movimento con oltre cento comuni del Sud che hanno provato negli anni, ed in alcuni casi ottenuto, la restituzione di alcuni resti.
Recentemente è stato oggetto di dibattito il comune calabrese Motta Santa Lucia, che aveva richiesto i resti di Giuseppe Villella. Un povero pastore accusato di furto. I tribunali avevano da principio dato ragione al Comune intimando la restituzione del cranio, per poi ribaltare in appello la sentenza. Riconoscendo un valore storico al reperto sul quale sono riportati appunti dello stesso Lombroso.
Non ho visitato il museo. Non credo che lo farò. E non lo farò soprattutto per motivi ideologici. Io credo che la sepoltura di quei cadaveri sia un atto dovuto rispetto a quegli individui, ma ritengo anche che proprio alla luce del significato politico che è stato il Museo e le teorie di Lombroso, in una Italia veramente unita e rispettosa di tutti, i resti dei cadaveri dovrebbero essere sepolti nelle città di origine. Fosse anche solo un gesto simbolico. La scienza non ha più bisogno di questi reperti e la storiografia scientifica può benissimo affidarsi alle riproduzioni fotografiche o ai modelli, se proprio deve.
Per quanto simbolico possa sembrare, io credo che il Sud con una sola voce dovrebbe chiedere la chiusura del Museo C. Lombroso. Che ricordo fu chiuso nel 1948 e riaperto solo nel 2009.
La questione dal mio punto di vista non è relativa al significato scientifico, il museo è piuttosto la rappresentazione della fallacia della scienza. Ma in relazione al significato politico che hanno assunto quegli studi nella storia dell’occupazione piemontese del Sud.
A questo proposito vi segnalo la raccolta firme sul sito nolombroso.org
Lo scorso anno un anonimo artista piemontese ha esposto, in occasione della sentenza di appello, la testa di Lombroso in ceramica su una delle pareti esterne del museo.
La testa è in ceramica perché, ad avviso dell’artista, la testa di Lombroso era di coccio.
E penso sarà di coccio anche quella di noi Siciliani, se non capiamo il valore di alcuni simboli e di quanto si ritorcano contro di noi.
Il museo Lombroso è uno di questi.
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