Agricoltori e operai agricoli da tempo sanno che con la vigna o non si campa o si fa fatica a campare, tanto che fino a un paio di anni fa a causa di prezzi delle uve ridicolmente bassi si vendevano i cosiddetti diritti di reimpianto agli agricoltori del Nord, che li pagavano anche oltre 20.000 euro a ettaro. Un bel giorno la politica regionale ebbe la bella idea di risolvere il problema bloccando le vendite. E quindi da un lato facendo crollare il valore di questi diritti (e dunque la possibilità per il piccolo agricoltore di avere una qualche entrata) e dall’altro impedendo che si creasse valore in altre regioni. La politica del cane dell’ortolano: non mangia e non fa mangiare! La vicenda è ora all’esame del Consiglio di stato che potrebbe ripristinare la situazione preesistente.
Quel tanto di guadagni che il vino siciliano produce, è concentrato in poche mani. Per il resto dell’Isola l’orizzonte continua a essere molto cupo e si schiarisce solo quando qualche altra regione italiana (Puglia, Veneto) o estera (Spagna) ha problemi con la vendemmia. Le cantine sociali, destinatarie di tanti aiuti regionali, non fanno eccezione. Ciò significa che fondamentalmente parliamo ancora di vino sfuso, dove c’è poco valore aggiunto.
Quali i problemi veri?
– Una politica che da circa un quindicennio si disinteressa sostanzialmente del settore.
– Un governo regionale che sta portando l’Istituto Vitevino (una geniale intuizione di quasi settant’anni fa) sulle soglie del fallimento/soppressione, mentre altre regioni creano strumenti analoghi!
Un Istituto che svolge una funzione essenziale nella fase della certificazione della Doc e che negli ultimi tempi invece di aiutare costituisce un’ulteriore remora per i produttori.
– Un’amministrazione regionale che ostacola i produttori sia con esasperanti lungaggini burocratiche e ritardi nei pagamenti sia gravando gli operatori di oneri non previsti dalle altre regioni. Il motivo dichiarato è la necessità di tra-sparenza e controllo di legalità, il risultato è di sicuro maggiori complicazioni per i produttori onesti, mentre quanto alla legalità qualche mese fa il Giornale di Sicilia titolava: Fondi europei, la Corte dei conti: il record di frodi va alla Sici-lia.
– Ventidue Doc siciliane (più una DOCG e sette IGT di cui sei totalmente ignote ai più) che forse, o anche senza forse, sono troppe e di cui la più importante, la Doc Sicilia, è nata senz’anima essendo stata costruita non attorno a un vino da valorizzare, ma a un territorio, la Sicilia appunto.
Soluzioni?
Sempre difficili da individuare. Progetti sempre difficili da implementare. Tempi medio-lunghi … da quando si incomincia. Innanzitutto, vedere cosa fanno quelli che hanno avuto successo e copiare, perché mo, il Cile? Con una politica seria e serrata sul proprio prodotto, che miri ad esportarlo, con qualità, in tutto il mondo!
Poi, premesso che fondamentalmente non si vende vino (Nero d’Avola, per esempio) ma si vende territorio (Sicilia, Etna), occorre una forte (soldi) e duratura (molti anni) azione coordinata fra i vari Dipartimenti regionali (Agricoltura, Attività produttive, Beni culturali, Economia, Turismo) tesa a valorizzare il Brand Sicilia.
A tal fine chiediamo al presidente della Regione di istituire un Comitato di coordinamento fra i vari soggetti interessati, a patto che questo Comitato funzioni davvero e non sia una facile e inutile operazione di facciata.
Presidente, cortesemente scelga un coordinatore che sappia e voglia lavorarci.
Dall’altro lato, sia perché le risorse finanziarie sono sempre scarse, sia per ovvi motivi di coordinamento degli sforzi è necessario raccordare l’intervento pubblico con la parte privata (i vari Consorzi di produttori, quelli che funzionano almeno) e le principali Associazioni di produttori. Individuare i Paesi target, che devono essere, almeno inizialmente, pochissimi: uno, due al massimo tre, al fine di concentrare gli sforzi e ottimizzare la resa degli investimenti.
Tutto questo è necessario, con il tempo, i soldi e la professionalità a creare valore lungo tutta la filiera e non solo per i soliti noti.