Alla scoperta dell’Argimusco, dove gli dei danzano col vento e con le stelle
La Sicilia è terra di storie e di miti, di leggende e di dominazioni di popoli che hanno lasciato tracce indelebili del loro passaggio. Culti antichi arrivati fino a noi e testimonianze di un tempo mitico costellano l’Isola da oriente a occidente. Una delle testimonianze più misteriose lasciate da questi abitanti di Sicilia è il sito megalitico dell’Argimusco, in provincia di Messina. Sorge in un altopiano nel quale i Nebrodi e i Peloritani si guardano negli occhi, non lontano da Montalbano Elicona e proprio davanti all’Etna, che appare qui con tutta la sua imponenza.
Quella che è stata ribattezzata da molti come la Stonehenge di Sicilia è in effetti il complesso megalitico più grande d’Europa. Qui dolmen e menir imponenti tracciano la linea del sole e compaiono misteriosi a poche decine di metri l’uno dall’altro.
Molti in passato ritenevano che l’Argimusco non fosse opera di mano umana, ma del vento e degli agenti atmosferici, che le modellature bizzarre delle pietre fossero una maestosa opera d’arte della natura. E invece, gli studiosi, negli ultimi decenni, hanno cambiato decisamente opinione e gli studi più approfonditi hanno dimostrato che questo sito in realtà è sorto quale gigantesca area destinata alle sepolture, in pratica una necropoli. Non è tutto, perché in epoche successive sarebbe divenuto anche osservatorio sacro, ove praticare lo studio degli astri.
Fra gli studiosi che più di recente si sono dedicati all’Argimusco ci sono lo scrittore Paul Devins e il compianto Alessandro Musco. In una loro pubblicazione di qualche anno or sono, viene sottolineato come i megaliti dell’Argimusco siano disposti quale specchio rispetto alle costellazioni celesti. I loro studi svelano come nell’Inno di Omero a Poseidone quest’ultimo venga definito come «scultore della terra e delle lande marine, Dio dei profondi abissi e signore del Monte Elicona». Del resto, il forte carattere simbolico dato dalla vicinanza all’Etna avrebbe favorito anche la considerazione dell’Argimusco quale luogo sacro. Qui si sarebbero svolti riti in onore del Sole e degli Dei. Dunque, gli elementi della morte e della vita, uniti in un’unica «offerta» simbolica alla Luce.
Come abbiamo scritto sul quotidiano Libero qualche anno fa, due sono le “sculture” che maggiormente interessano studiosi e amanti dei luoghi misteriosi: si tratta di due blocchi, la cui forma richiama rispettivamente il fallo e la vagina. Si trovano a pochi metri l’uno dall’altra e visti in un’unica prospettiva si nota come ciò non sia casuale, rappresentando la congiunzione fra il maschile e il femminile, da cui promana la nuova vita. Un terzo megalite presenta la forma dell’aquila con inciso il simbolo del sole e indica la maestosità, ma anche la vita che vola verso l’immortalità, verso il post mortem. Fra i più noti blocchi di pietra c’è il cosiddetto Orante, un grande megalite verticale di 26 metri, che sembra tracciare la figura di una donna in preghiera.
Un luogo magico a tutti gli effetti, dunque, la cui bellezza è data soprattutto dal suo carattere selvaggio, aspro e incontaminato, nonostante in passato vi siano stati tentativi di renderlo un sito dotato di strutture e servizi destinati ai turisti.
La sua vicinanza al paese di Montalbano Elicona ricorda come là, nel castello sia stato seppellito il medico-alchimista Arnaldo da Villanova. In passato, questo particolare aveva fatto propendere per una tesi secondo la quale alcune rocce del vicino sito megalitico presentassero forme alchimistiche di derivazione ermetico-arabo-sabea. Una tesi, però, ancora da approfondire.
Fra i primi a parlare dell’Argimusco era stato diversi decenni fa lo studioso Gaetano Maurizio Pantano, che aveva sottolineato come si trattasse di un sito megalitico di epoca pre-cristiana, approfondendo anche le corrispondenze solstiziali ed equinoziali delle grandi pietre presenti in loco, ma l’autore non venne mai tenuto in considerazione e per decenni le sue idee erano state praticamente messe al bando. Adesso, a distanza di anni pare che le sue intuizioni avessero colto nel segno e che Pantano, inascoltato, avesse ragione.
L’Argimusco, inoltre, continua a destare l’attenzione degli studiosi. E infatti, non è un caso che dal 25 al 28 ottobre 2018 proprio nel castello di Montalbano Elicona è in programma il convegno annuale dell’ICAHM (International Committee on Archaeological Heritage Management).
L’ICAHM è un organismo inserito nell’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), in pratica il braccio della Commissione Unesco che si occupa del patrimonio culturale e della sua conservazione, responsabile anche della valutazione di tutte le nomine nella World Heritage List di beni culturali Unesco. E in effetti, un sito di siffatta storia e imponenza, se adeguatamente valorizzato, potrebbe diventare attrazione mondiale, nel nome di quella identità storico-culturale che – come abbiamo scritto qui – è una scommessa che per la Sicilia è ancora tutta da giocare.