L’Italia attraversa una importante fase di cambiamento. Il rinnovamento della politica e la gestione dello stato affidata a forze nuove offre una grande opportunità per il nostro paese.
Stretti tra l’Europa, poco attenta alle reali esigenze dei territori lontani dai centri di potere, ed uno stato Italiano incapace di rivendicare le vere istanze e di mettere al centro le vere urgenze dei territori, oggi ci troviamo nella condizione di potere e dovere riscrivere interamente il nostro patto sociale per restituire speranza, serenità e prosperità ai nostri figli.
Questo processo di rinnovamento, che finalmente dia voce ai territori, è parte dell’identità stessa della Lega. È parte del suo DNA. Ricordo infatti che la Lega nasce proprio dall’unione di gruppi locali che rivendicano, separatamente, maggiori autonomie territoriali. Unendosi, legandosi appunto, hanno avviato il processo che ci porta ai nostri giorni. Innegabilmente sul nascere le rivendicazioni iniziali della Lega furono rivolte contro altri territori, immaginando anche nel Sud la controparte.
L’evoluzione politica della Lega, l’esperienza maturata, mostra che quella erano una visione e una prospettiva incompleta. Il convincimento che abbiamo maturato è che il processo di rafforzamento delle identità territoriali, che quindi renda centrali le istanze dei cittadini, sotto un’unica bandiera potrà essere compiuto insieme agli altri territori e non contro.
È innegabile che una politica che dia voce ai territori ed ai popoli che li abitano sia di vantaggio per tutti.
Ad esempio, sapete che le reti da pesca autorizzate dall’Europa sono idonee per i mari del Nord europa, ma non adatte al mediterraneo. Esempio questo che mostra come la centralizzazione del potere finisce per favorire esclusivamente i più forti e coloro che gravitano attorno al potere stesso, ignorando le esigenze del resto. E questo vale per tutti i comparti produttivi.
In questi anni la Lega ha applicato i principi di rivendicazione territoriale ovunque abbia amministrato, e non è un caso se nelle regioni del Nord tutti gli amministratori della Lega sono generalmente riconfermati. Vince un modello che rispetta il territorio e le sue istanze.
Perché questo processo possa avvenire in modo strutturale è necessario il concorso di tutta l’Italia. È indispensabile che ogni territorio partecipi al piano di riorganizzazione del paese, forte delle proprie specificità e che sappia concertarle con gli altri territori. In tal modo potremo insieme rivendicare le quote latte, le quote tonno nel rispetto anche dei piccoli pescatori, gli adeguati vincoli sulle quote olio extraeuropee, e le corrette scelte sui processi produttivi di qualità, giusto per fare alcuni esempi.
Quanta tradizione e quanta qualità stiamo perdendo per una serie di norme europee che nei fatti impoveriscono i prodotti autoctoni e tradizionali senza produrre veri benefici. È impensabile che la tradizione italiana, nelle sue infinite varianti ed espressioni territoriali possa essere governata senza sentire la voce dei territori, ovvero di chi quei problemi conosce ed in quelle condizioni vive ed opera.
Dal modello Lega, regioni come la Sicilia possono solo ottenere vantaggi. L’autonomia siciliana, ad esempio, non ha funzionato in quanto è appartenuta ad una Sicilia che aveva contro il resto d’Italia, nell’applicazione delle prerogative di quell’accordo. Una diffusa coscienza autonomista sul territorio nazionale non potrà che rafforzare le specificità regionali, e nella fattispecie della Sicilia che su questo percorso è avanti dal punto di vista normativo. Anche se le norme sono state disattese dallo stato, ed in parte anche dalla classe politica siciliana. In questo la Lega ha dei modelli virtuosi di formazione, ha attivato una scuola ed ha un processo di selezione interno che premia altamente il merito ed intende fornire l’indiscussa capacità di amministrare sui territorio come modello anche per la Sicilia.
Nello scrivere queste parole da commissario lombardo della Lega in Sicilia, evidenzio da subito la contraddizione che dovrà essere superata il prima possibile con il lavoro comune. Un movimento autonomista, che spinge fortemente per l’autodeterminazione di popoli e territorio, deve gestirsi autonomamente, ed esprimere una voce territoriale forte ai tavoli della concertazione comune. Il mio ruolo di Commissario, pertanto, è in realtà da intendersi quale ruolo di facilitatore di questi processi. Noi desideriamo una Sicilia leghista, che possa sposare l’impianto generale del processo autonomistico proposto dalla Lega a partire dalle sue rivendicazioni e specificità. Per fare questo dovranno essere i siciliani a guidarla. Il mio, dunque, è un mandato che finirà tanto prima, quanto prima saremo stati in grado di formare un gruppo dirigente, che fatte proprie le modalità di azione della Lega, le sappia declinare sul territorio siciliano usando il linguaggio della Sicilia.
In questa fase di transizione la presenza di un lombardo, che sta imparando a conoscere la Sicilia, ed ad amarla ogni volta di più, è una opportunità.
Ricordo la celebrazione sobria e sentitissima dell’imprenditore Spinelli. Ho vissuto profondamente l’emozione di quel momento. Ho imparato a capire che siamo popoli diversi con ferite e sofferenze diverse, ma che comunicando possiamo superare le tante barriere del passato.
Da lombardo non posso avere interessi particolari da rivendicare, ed in questo processo sono libero contribuire a creare, senza vincoli, un gruppo forte che sappia difendere con forza le esigenze della Sicilia sui tavoli della riscrittura del patto sociale dell’Italia. Un patto che verrà riscritto, ed al quale la Sicilia può e deve partecipare da protagonista.
In questo percorso non ci sarà spazio dunque per opportunisti. E non abbiamo alcuna intenzione di avviare percorsi federativi con gruppi autonomi. Intendiamo fare nascere gruppi autonomi nel processo della Lega. Poiché il nostro obiettivo non sono poltrone o voti, piuttosto contribuire con la Sicilia e con tutte le regione del Sud a ricostruire un’Italia che questa volta sappia ricordarsi di tutti, anche di loro.
Stefano Candiani
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