Recentemente le cronache siciliane sono interessate da uno scontro aperto tra la Regione Sicilia e il Princpato di Monaco. La vicenda ha la sua causa nel progetto di land reclamation del Principato di Monaco, il quale si accinge a costruire un nuovo quartiere residenziale artificiale sul mare, per cui serviranno tra i 600.000 e i 700.000 metri cubi di sabbia.
Questa enorme quantità di sabbia dovrebbe essere prelevata dal Golfo di Termini Imerese e ciò causerebbe un disastro per l’ecosistema marino e per le attività economiche ad esso collegate dell’area.
Il progetto di Portier Cove
Il Principato di Monaco ha ormai esaurito lo spazio edificabile all’intero del suo territorio, per questo motivo ha deciso di avviare la costruzione di questo nuovo quartiere, sottraendo territorio al mare. Portier Cove sarà adibito a scopo residenziale, ma sarà anche edificato un parco di un ettaro, parcheggi per le auto e un lungomare turistico, tutte cose di cui il Principato di Monaco ha bisogno.
L’opera in atto, a cui partecipa pure l’achitetto e senatore a vita italiano Renzo Piano, prevede la posa in acqua di 18 cassoni trapezoidali di cemento armato prefabbricati, alti 26 metri e dal peso di 10.000 tonnellate ciascuno.
Questa enorme struttura artificiale poggerà sul fondale, nel quale verra prima effettuato uno scavo che poi sarà riempito con materiali da cava e sabbia provenienti dal Golfo di Termini Imerese.
Il governo del Principato di Monaco, così come l’architetto Renzo Piano e la società Arenaria, sottolineano come il progetto del nuovo quartiere sia totalmente ecosostenibile e che l’ambiente urbano verrà organizzato in modo “smart”.
Veramente delle belle intenzioni, se non fosse per il fatto che dimenticano il grave impatto ambientale che il dragaggio della sabbia avrebbe sull’ecosistema marino della parte settentrionale della Sicilia Occidentale (oltre che sulle attività economiche legate al mare).
Per noi siciliani il progetto di Portier Cove non è per niente ecosostenibile e non è per niente economicamente conveniente.
L’azienda Arenaria
Ad occuparsi del prelievo del materiale dalle coste siciliane sarà l’azienda Arenaria, della società Seci Real Estate, del Gruppo industriale Maccaferri. La Arenaria ha da tempo in concessione due tratti di mare al largo delle coste italiane (oltre a quello di Termini Imerese ne ha un altro lungo le coste marchigiane nell’Adriatico) dai quali, così come si legge nel loro sito, ricavano sabbia idonea ai rifacimenti costieri. Inoltre, sempre sul sito della Arenaria, possiamo leggere che, questi due giacimenti in concessione all’azienda, rappresentano “il 30% delle sabbie idonee e immediatamente utilizzabili per ricostruire le spiagge in Italia“. Fino ad ora il materiale prelevato dai giacimenti è stato utilizzato per rifacimenti delle coste italiane, oltre che per opere edili civili, ma da quest’estate le cose sono cambiate.
Trovo assurdo che un’azienda privata stringa accordi con un governo straniero per lo sfruttamento di una risorsa così delicata e rara, come la sabbia relitta (è questo il nome del tipo di sabbia idonea alle opere di costruzione). Trovo ancora più assurdo che, quando la Regione Sicilia ha affidato alla Arenaria lo sfruttamento del giacimento di sabbia relitta, non abbia incluso nell’accordo una clausola per la quale i materiali prelevati dal fondale devono essere utilizzati solo per opere in Italia e soprattutto in Sicilia. Non possiamo cedere un bene che serve per combattere l’erosione delle nostre coste (e dunque alla salvaguardia di tutte le strutture turistiche costiere della nostra isola) per un’opera di sottrazione di territorio al mare di un altra nazione.
Il “No” della Regione Sicilia
Il Presidente Musumeci si è adesso opposto a questo prelievo di materiale dalle coste siciliane per scopi che vanno oltre l’interesse regionale e nazionale. Va ricordato che le autorizzazioni sono state concesse dal precedente governo. Il suo “No” è supportato dalla negativa valutazione di impatto ambientale delle operazioni di dragaggio sull’ecosistema marino e sull’economia della Sicilia Settentrionale. Infatti Il Consiglio Nazionale della Pesca si è subito opposto ai lavori di dragaggio delle sabbie. La zona del Golfo di Termini Imerese interessata è piena di Poseidonia Oceanica (una pianta acquatica che, oltre a costituire la flora più diffusa nel Mediterraneo, impedisce l’erosione delle coste) e di micro-organismi necessari per la sopravvivenza dei pesci.
Nella delibera firmata dall’assessore al Territorio e Ambiente Salvatore Cordaro, vengono sintetizzati tutti i danni che le operazioni di dragaggio causerebbero all’ecosistema marino, ma in particolare viene sottolineato come la vendita all’estero delle sabbie relitte impedisca la lotta all’erosione costiera della nostra isola e penisola.
In sintesi: a rimetterci sarebbero i pescatori e il settore turistico della zona costiera limitrofa alle operazioni di dragaggio, mentre a guadagnarci sarebbero i ricconi del Principato di Monaco che potranno avere i grattacieli extra lusso e il parco dove rilassarsi e portare a spasso il cane.
Alcune riflessioni
Mi chiedo perché, quando nel 2010 la Arenaria ottenne la concessione del bacino di Termini Imerese, nessuno nella giunta regionale dell’allora presidente Raffaele Lombardo, abbia pensato alla situazione che si è venuta a creare oggi. Allo stesso modo mi chiedo perché nessuno della giunta regionale Crocetta, quando nel 2015 la concessione è stata rinnovata, abbia pensato ad una modifica del contratto di concessione alla Arenaria, specificando il divieto di dragaggio della sabbia per scopi extra regionali, o comunque stabilendo un tetto massi di metri cubi di sabbia dragabbile.
Ovviamente le mie domande sono ironiche, la risposta sta nell’incompetenza della classe politica siciliana degli ultimi decenni e la mentalità del “tirare a campare” che è il peggior male della nostra isola.
I provvedimenti, per qualsiasi possibile situazione critica, vengono presi sempre e solo quando tale situazione si presenta. Sicuramente l’opposizione della Regione guidata da Musumeci al dragaggio è un ottima cosa, lodevole perché in un provvedimento una volta tanto viene posto al centro l’interesse della Sicilia e dei siciliani.
Per concludere volevo sottolineare un aspetto della faccenda, diverso da quello ambientale ed economico, ovvero il valore simbolico che la “sabbia” ha per gli abitanti di un’isola come la Sicilia. I siciliani sono molto legati al loro territorio, sia spiritualmente, ma soprattutto materialmente. Essi sono consapevoli che un popolo non ha alla base soltanto regole e leggi, ma soprattutto la “terra” e tutti gli altri elementi naturali. La sabbia è il confine che separa la Sicilia dal mare, da sempre simbolo di pericoli e calamità per l’uomo, essa è il punto a partire dal quale generazioni di esploratori, viaggiatori e mercanti si sono affacciate verso l’ignoto e verso il futuro.
È il punto sul quale i siciliani hanno provato il timore di fronte all’ignoto e al nuovo, ma allo stesso tempo è il punto sul quale al ritorno hanno sentito la sicurezza che soltanto la solidità della “terra” di casa propria può dare.
La nostra sabbia ci protegge dall’inevitabile erosione delle coste da parte del mare. È essa a fornire solidità alla nostra splendida isola, sta a noi siciliani salvaguardarla e non permettere che nel giro di qualche secolo l’isola più bella del Mediterraneo diventi uno scoglio freddo e desolato.