Il presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi è intervenuto pubblicamente sul caso Diciotti nella funzione che esercita, producendo argomenti non in linea con la professione che esercita e con modi non conformi all’equilibro ed imparzialità che sarebbe auspicabile da chi esercita un ruolo di rappresentanza.
Gentile prof. Giardina,
Le scrivo con il rispetto che si deve a una persona che come Lei ricopre un incarico di prestigio e responsabità quale quello di Presidente Nazionale dell’Ordine degli Psiocologi.
Ho letto questo suo intervento.
Ammetto che, onorandomi anch’io di far parte della categoria, mi aspettavo che il Suo intervento si concentrasse sui diversi e molteplici aspetti del fenomeno migratorio prima che sulla contingenza della nave Diciotti.
Mi apettavo altresì che il fenomeno fosse riletto nella sua complessità attravero il riferimento ad un impianto teorico e storico che ne permettesse una rilettura.
Mi aspettavo che il Suo intervento potesse essere uno strumento per genereare idee e pensieri sulla vicenda.
Purtroppo tutte le mie aspettative sono state disattese.
Principalmente sono rimasto deluso dal pressappochismo con la quale Lei ha raccontato della Diciotti.
Lei dichiara apertamente di non voler entrare nel merito delle scelte politiche di questo governo, pur smentendosi successivamente ed esprimendo anzi, in numerosi passaggi, attestazioni di giudizio e di merito in riferimento alla vicenda.
Mi ha deluso la debolezza del Suo intervento perché sono convinto che avrebbe potuto rinforzare l’intera categoria degli psicologi.
Ma si sa prof. Giardina, Lei mi insegna, che la delusione è un esperienza intersoggettiva e che, probabilmente, per primo io ho commesso l’errore di aver riposto sul Suo intervento cosi tante aspettative.
Su una cosa non sono rimasto deluso, ossia del suo focus rispetto al tema della dignità, pur sembrandomi chiaro che abbiamo un modo ben diverso di intenderne la tutela, dal momento che secondo lei, cosi mi sembra d’aver capito, con il blocco dei migranti sulla nave sia stato leso il loro diritto all’autonomia e all’autodeterminazione, mentre io sono convinto che questi principi siano stati calpestati in tempi e luoghi lontani dal porto di Catania.
La lettura del Suo intervento, invece che aprire spazi di riflessione, come ci si aspetterebbe da uno psicologo, non fa altro che riproporre, ed in modo estremamente riduttivo, la falsa contrapposizione, ormai sempre meno in auge nell’opinione pubblica, tra razzisti senza cuore ed apostoli dell’amore tra i popoli.
Lei afferma poi che per questi principi (quali?) lo psicologo non fa discriminazioni; quindi per altri ne fa o può farne?
Devo dirLe che per me è stato difficoltoso tirare fuori dal Suo intervento un significato chiaro e sistematico.
Sembra più un collage di frasi slegate, poste una accanto all’altra, che sembrano l’espressione di un pensiero altrettanto confuso difficilmente comprensibile, oltretutto espresso con un uso a dir poco creativo della costruzione della frase.
Entrando nel merito, tra le righe del suo articolo si legge: “Non entriamo nel merito delle politiche (…) che il governo legittimamente intende attuare (quindi, se pensa che siano legittime sta entrando nel merito), ma certamente non possiamo, non dobbiamo (chi non può e non deve? qual è il soggetto?), accettare la gravissima condizione di degrado fisico e psicologico cui sono esposti i migranti, prigionieri ed ostaggi a bordo della Nave “U. Diciotti” nel porto di Catania, al di fuori da ogni regola etica e giuridica”.
Sinceramente Presidente, mi sembrava d’aver capito insieme alla stragrande maggioranza degli italiani, che la condizione di degrado psicofisico a cui Lei si riferisce non riguardi per nulla il legittimo (io sì che entro nel merito) intervento del governo italiano di salvaguardare la sicurezza dei propri confini, chiedendo con fermezza agli stati membri della UE una maggior condivisione del problema, ma riguardi il fatto che esistono associazioni criminali in Italia e nei paesi nord africani che speculano sulle sofferenze umane, trafficanti di esseri umani in Libia che violentano e deturpano la dignità di queste persone per poi consegnarle al loro destino di naufraghi in mare.
Credo, alla luce di quanto detto, e mettendo tra parentesi i pregiudizi sociali, che anzi dovremmo sentirci rassicurati della presa in carico della questione da parte del Ministro degli interni, e che l’audacia e la fermezza dimostrati dall’attuale governo italiano siano proprio il segnale di un difficile ma necessario cambiamento.
Lei ha affermato che i migranti della Diciotti sono stati tenuti in ostaggio. Chi sarebbero i rapitori? Le forze dell’ordine nell’esercizio delle proprie funzioni? Il Presidente del Consiglio? Il Ministro degli interni? Si rende conto della gravità della sua affermazione?
Un’affermazione di cattivo gusto da cui voglio dissociarmi in modo netto.
È a conoscenza che grazie al trattenimento al porto di Catania della nave Diciotti, le forze dell’ordine sono riuscite ad identificare ed assicurare alla giustizia alcuni trafficanti di esseri umani che si erano infiltrati tra i migranti?
Non è questo il contrasto a quel sistema criminoso che guadagna dallo sfruttamento della condizione di povertà e solitudine dei migranti e che, sono certo, auspichiamo entrambi?
Per quanto riguarda la sua preoccupazione per i minori italiani, non è certo mia intenzione darLe lezioni sulle teorie del trauma psichico, ma di certo converrà che molte di esse, in accordo con l’idea che il trauma abbia a che fare con la percezione, la valutazione e la reazione emotiva di un dato evento, identificano il trauma come l’esito di esperienze di maltrattamento e di degrado continuative e cumulabili in compliance con un ambiente insicuro, instabile e confuso.
Considero dunque riduttiva e dilettantistica la sortita sui rischi nello sviluppo a cui incorrerebbero i minori italiani per l’esposizione ad immagini televisive. Quali rischi, quali immagini, quali minori italiani e in quali contesti familiari e sociali?
Quale studente passerebbe un esame di abilitazione con affermazioni del genere?
Accolga la mia schiettezza Professor Giardina.
Non era nelle mie intenzioni iniziali farle le verrine, i virrini come si dice in siciliano, ma da un Presidente di una categoria così importante come quella degli psicologi, mi sarei aspettato qualcosa di decisamente diverso, non certo la solita solfa disordinata di chi ha occhi e non vuol guardare, di chi non ha un pensiero e vorrebbe parlare.