L’abbandono di Ryanair di Trapani-Birgi è solo la conseguenza di errori di marketing territoriale e dell’incapacità della classe dirigente siciliana di comprendere il ruolo degli aeroporti nelle strategie dei territori.
Premessa in forma di racconto
Anni fa curai la partecipazione, per conto della provincia di Siracusa, alla Fruit Logistica: la più importante fiera del settore agroalimentare europea che si tiene a Berlino. I nostri espositori erano principalmente produttori di pomodorino.
Da osservatore quello che ho notato è che i compratori giravano nei vari desk del nostro stand mettendo in competizione tra loro i nostri produttori. Fecero il giro per tre giorni mostrando ad ogni giro il prezzo più basso ottenuto dal fornitore precedente, ed ottenendo un sconto che veniva poi mostrato al fornitore successivo per ottenere un altro sconto in una spirale che sembrava non dovesse terminare mai e che alla fine dei tre giorni assestò il prezzo al 40% in meno rispetto le aspettative di inizio fiera.
Sarebbe bastata una sinergia tra i produttori e gestire insieme le offerte di acquista invece che essere l’uno contro l’altro.
Ryanair e la sua visione del turismo
Un paio di anni fa l’amministratore di Ryanair Michael O’Leary, ha rappresentato una sua visione del futuro del trasposto aereo. Immaginando un sistema nel quale i biglietti potranno essere offerti gratuitamente.
La riflessione sottostante questa visione è che il valore del turismo sta nel cliente, e se un territorio si sa organizzare in modo sistemico, la presenza turistica è tale da rendere il costo del biglietto aereo secondario. Il costo del trasferimento pertanto in una sistema sempre più competitivo come quello turistico può essere assorbito dagli altri servizi.
Si fa presto a fare due conti. Immaginiamo un turista che sta in Sicilia 4 giorni, che spende una media al ribasso di 100 euro al giorno tra dormire mangiare acquistare spostarsi. Sono 400 euro. Solo l’IVA calcolata ai minimi del 10%, su questi importi vale 40 euro. Cioè molto più delle tasse aeroportuali. Per semplificare il ragionamento immaginiamo che tutti e 40 euro vadano a finanziare l’aeroporto e quindi i servizi aeroportuali come auspica Ryanair, il territorio ottiene a costo zero un innesto di liquidita di 400 euro che genera ulteriore spesa e quindi tasse. Sia sul valore aggiunto, che sul reddito di tutti gli operatori impegnati nei servizi.
Quindi pur limitandosi ad una questione meramente algebricala riflessione di O’Leary è molto solida.
Airgest, Birgi e la storia di un successo e di un fallimento
Il successo di Birgi è certamente legato all’amministratore delegato, Salvatore Ombra. Fu lui ad avviare il rapporto con Ryanair che sotto la sua gestione investì progressivamente su Birgi fino a posizionare 4 aerei stabili nell’aeroporto. Sembrano lontanissimi i tempi in cui nel 2009 si festeggiava il milionesimo viaggiatore.
La gestione di Salvatore Ombra avviò la collaborazione con Ryanair sulla base degli accordi di co-marketing, che si traducono in un contributo a passeggero dato alla compagnia. L’idea del co-marketing è insita nella consapevolezza ormai diffusa che un turista è un valore e che procurarsi questo valore ha un costo. Ed è alla fin fine più produttivo incentivare una compagnia aerea che spendere risorse in comunicazione.
Ombra lasciò nel 2012, quando il suo piano di espansione che prevedeva ulteriori investimenti, e che avrebbe ulteriormente aumentato la presenza di Ryanair (che era disponibile a portare a 5 gli aeromobili di stazza a Trapani) fu bocciato. Immagino, non conosco i dettagli, che vi siano dietro anche veti e ricatti della politica di basso cabotaggio che purtroppo determina le sorti della nostra terra. Non conosco personalmente Ombra, ma credo sia oggettivo il merito di chi ha triplicato in cinque anni il flusso passeggeri dell’aeroporto.
Ombra è un imprenditore, sa che in impresa si investe quando si è forti. Mentre quando sei debole, come adesso, non hai potere di negoziato.
Il modello di Ombra fu ritenuto non sostenibile dalle amministrazioni locali. I sindaci ovviamente trovavano molto più utile investire le tasse di soggiorno in sagre e feste, piuttosto che per alimentare il sistema che quelle tasse generava. Probabilmente non tutti gli operatori turistici hanno fatto interamente la loro parte se è vero che non sempre le tasse di soggiorno sono state riscosse e versate.
Sta di fatto che l’abbandono di Ombra è un po’ l’inizio della fine. E non tragga in inganno che la stagione successiva l’aeroporto sia ancora in crescita; ci vuole tempo anche per mandare in malora le cose. Lui stesso scrive recentemente che gli attuali tappetini li ha sostituiti lui, che pure non è amministratore dal 2012. I cestini dei rifiuti arrugginiti, auto abbandonate nel piazzale che risalgono alla sua gestione. Un degrado ed un abbandono della struttura che è andato di pari passo con l’incapacità strutturale di comprendere il ruolo di un aeroporto di periferia e quanto il lavoro di Birgi fosse stato strategico per lo sviluppo turistico dell’area e non solo.
La cifra della gestione di Ombra è a mio avviso avere capito che il valore dell’aeroporto non è nel servizio che offre alla compagnia ma nel turista o viaggiatore che porta sul territorio.
Il definitivo abbandono di Ryanair
Pochi giorni fa si sono chiusi i termini per la presentazione delle offerte di co-marketing e Ryanair non ha partecipato alla gara. Hanno partecipato solo Alitalia e Blue air, che già gestiscono delle tratte e presumibilmente (non è ancora noto il contenuto delle offerte) prenderanno soldi per effettuare servizi che già svolgono.
È evidente che se Ryanair non ha partecipato alla gara c’è un grande errore di management e di prospettiva, peraltro la gara è stata gestita dallo stesso management che aveva combinato il pasticcio nello scorso marzo che portò Alitalia ad impugnare il bando sospeso dal TAR compromettendo irreparabilmente la stagione turistica.
Esistono in Europa oltre 100 compagnie low cost. Se una gara di questa portata è praticamente deserta è del tutto evidente che non funziona l’approccio. I tempi sono cambiati, l’Airgest non è credibile, e nessuno ha voglia di scommetterci su, il managment non ha soluzioni e neanche gli incentivi hanno più effetto.
La politica che non ha soluzioni
La deriva dello scalo trapanese mette radici, come molti disastri dell’ultimo periodo siciliano, nell’inconsistenza del governo Crocetta. Che non ha trovato una soluzione quando era necessario. Adesso, quando finalmente la politica, in questo caso il governo Musumeci, decide di affrontare il problema, lo fa con una soluzione ormai superata dai fatti. L’accordo di co-marketing era infatti funzionale e poteva funzionare a partire da un rapporto privilegiato con una compagnia che in qualche modo poteva avere interesse a patrimonializzare il lavoro già fatto. Chi interviene adesso ormai ha imparato a non fidarsi, capisce che è una collaborazione che potrebbe non avere continuità (se è successo a Ryanair può succedere a tutti). Certamente abbiamo perso credibilità ed il management non ha saputo essere a sua volta credibile.
Potremmo vivere di turismo
Chi pensa che la questione sia riferita solo a Trapani ed alla Sicilia occidentale si sbaglia di molto. Gli aeroporti, in un’epoca nella quale grazie anche a compagnie come Ryanair, i costi di mobilità aerea sono così bassi, sono le porte di accesso ai flussi turistici. Riuscireste ad immaginare un progetto di casa vostra nel quale l’ingresso principale e quello secondario non siano coordinati? Eppure nel sistema aeroportuale siciliano funziona così. I quattro aeroporti operano in regime di concorrenza tra loro. Non hanno una visione d’insieme unica dei flussi da e verso l’isola, sono operatori economici medio piccoli, in balia, esattamente come i pomodorini di cui parlavo all’inizio, degli eventi e delle circostanze.
La frammentazione nella gestione dei flussi in entrata è parte della totale disorganizzazione del comparto turistico e dell’ospitalità in Sicilia.
Non si può parlare di turismo e non tenere conto che i flussi aerei sono la spina dorsale del turismo moderno.
Un’unica società di gestione
Il presidente Musumeci aveva parlato dell’ipotesi di creare due strutture di gestione una per la Sicilia Orientale l’altra per Sicilia Occidentale. Alcuni hanno criticato il modello in quanto gli aeroporti più grandi (Palermo e Catania) si troverebbero a finanziare i più piccoli (Trapani-Birgi e Comiso). Io credo bisognerebbe andare oltre. Serve una visione ancora più coraggiosa: i quattro aeroporti dovrebbero avere un solo soggetto di gestione. Questa società dovrebbe essere il fulcro dello sviluppo turistico dell’isola, come nel dopoguerra l’ENI lo fu per lo sviluppo industriale dell’Italia.
Anche qui c’è poco da inventare, basterebbe copiare il sistema aeroportuale pugliese, che è composto da quattro scali gestiti da un’unica società. Alla quale è riconosciuto un ruolo nel successo turistico della Puglia.
Questa società andrebbe affiancata, come accade in Trentino, da una società di management in grado di occuparsi di promozione e marketing strategico.
Oggi la regione finanzia decine di sagre e feste varie, che hanno una portata poco più che cittadina e che ovviamente rispondono all’interesse elettorale del politico di turno. Io credo che la gestione degli eventi dovrebbe essere invece inserita in una visione strategica complessiva per la Sicilia, che si integri con le tratte e con la capacità che i singoli eventi hanno rispetto ai target individuati.
È bene comprendere che il modello rappresentato da Ryanair sulle prospettive di sviluppo del mercato turistico internazionale rende necessario attrezzarsi fin d’ora ed avviare una complessiva revisione del sistema. Presto i territori che avranno una infrastruttura tale per attirare turisti riducendo le spese di trasporto avranno una maggiore forza competitiva. La Sicilia per il momento giova di congiunture internazionali molto positive dovute all’impraticabilità del nord africa. Ma sono fattori congiunturali ed esterni, non controllabili, mentre nessuna cura viene posta nei fattori sotto il nostro controllo.
Il governo ha le sue responsabilità, a mio modesto parere, e sono nell’assenza di strategia e nella scelta degli uomini nelle posizioni chiave. Troppo spesso continua a prevalere l’appartenenza sulla competenza.
La situazione è sfuggita di mano, la mia sensazione è che stia peccando più di omissioni che di opere, d’altro canto l’inerzia è il grande peccato capitale della nostra isola. Se guardiamo al passato ed alle modalità di gestione delle cose in Sicilia possiamo soprattutto commentare che si dovrebbe provare a fare diversamente, per esempio a non gestire gli aeroporti come gestiamo i pomodorini.