Una cinquantina di prenotazioni al giorno per un migliaio di strutture turistiche. Booking non mente, il più grande sito di viaggi on line registra non solo il collasso del trapanese ma i tentativi disperati delle imprese per sopravvivere, svendendo le camere sino a 18 euro notte con un incasso netto che non supera i 10 euro.
I numeri sono impressionanti. Ad Airgest, la società pubblica che gestisce lo scalo di Birgi, è bastato un anno per distruggere quello che era stato creato in cinque, polverizzando un intero settore che è anche una delle poche fonti di reddito sopravvissute al disastro nazionale. In gran parte si tratta di piccoli hotels, b&b, agriturismi, ristoranti, case vacanze che grazie all’Aeroporto Vincenzo Florio, detto comunemente Birgi, hanno lavorato e creato occupazione in uno dei territori culturalmente più ricchi ma economicamente più poveri della Sicilia.
L’avventura era iniziata nel 2012 grazie alla lungimiranza dell’ex CDA di Airgest e all’abilità di una compagnia low cost. Ryanair e Airgest firmano un contratto triennale di comarketing: prevede un investimento di 3 milioni e 400 mila euro l’anno da parte di Airgest, ai quali si somma una quota di 2 milioni a carico dei 24 comuni della Provincia, in cambio la compagnia area si impegna ad assicurare il pieno di turisti.
Il pieno non si fa attendere, nel 2013 il livello di traffico a Birgi raggiunge quota 1 milione e 800 mila passeggeri, cifra che rimane costante sino al 2016. In pratica un turista costa tre euro, ne spenderà almeno 200 sul territorio e i comuni saranno ampiamente rimborsati grazie ai proventi delle tasse di soggiorno.
L’accordo si rivela più vantaggioso del previsto e il territorio rifiorisce. Crescono le strutture, i servizi, l’indotto. Solo a Birgi si crea lavoro per 850 addetti. Qualsiasi azienda privata avrebbe eretto statue e monumenti a Ryanair, non solo rinnovando il contratto ma brigando per potenziarlo.
A Trapani invece avviene esattamente l’opposto. Si comincia con il nuovo CDA di Airgest (se qualcosa funziona è meglio sostituirla) poi ci sono i Comuni, che continuano ad incassare dalle imprese le tasse di soggiorno destinate a ripianare i costi del comarketing, ma si lamentano per l’onerosità delle richieste della compagnia low cost. Infine interviene la Regione Siciliana che stanzia 18 milioni per incrementare il traffico aereo a Birgi, però reputa spropositata la cifra di 3 milioni 400 mila euro, richiesta da Ryanair, in cambio di due milioni di turisti l’anno. L’ultima beffa è il ricorso di Alitalia contro il contratto di comarketing, reputato ‘fuorilegge’. Il colmo è che la compagnia non solo vince il ricorso ma non avrebbe avuto alcun interesse ad inoltrarlo.
Risultato? In meno di un anno il turismo viene completamente azzerato e con il turismo l’economia di un’intera provincia. Oggi l’aeroporto Vincenzo Florio è ridotto ad un deserto, popolato da appena quattro rotte nazionali giornaliere ad uso dei pendolari.
È di questi giorni l’ultimo autogol: la prode Alitalia, così ansiosa di legalità, e Blue Air, le uniche compagnie che hanno partecipato al bando di Airgest, non hanno presentato offerte per le 14 tratte internazionali, in compenso si aggiudicheranno alcuni milioni per le rotte che già assicuravano. Siamo all’ennesimo successo della gloriosa Airgest sostenuta dal sindaco di Marsala, Di Girolamo, che si era intestato la guida della grande coalizione dei comuni trapanesi per il rilancio di Birgi.
È malauguratamente palese che si è in balia dell’assoluta improvvisazione ed è altrettanto ovvio che se non verrà stipulato un nuovo contratto di comarketing le piccole aziende turistiche locali saranno destinate alla chiusura.
Trapani è un vasto territorio che spazia da Selinunte a Mozia, da Favignana a Mazara a San Vito Lo Capo e tanto altro, il che ne fa una meta alternativa a Palermo. CHI HA INTENZIONE DI DEPOTENZIARE SINO ALLA CHIUSURA LO SCALO DI BIRGI dirottando i voli su Punta Raisi, come è già avvenuto, HA DECISO DI ANNIENTARE IL TRAPANESE. Non si tratta di deduzioni ma di semplici statistiche, le quali attestano che un viaggiatore, in media, si ferma un paio di giorni, per cui chi atterra a Palermo non si allontanerà dal capoluogo.
Qualsiasi amministratore con un minimo di senno sa che gli aeroporti sono strategici per lo sviluppo del territorio, lo sono ancora di più per un’Isola e diventano determinanti se quest’Isola ha strade e ferrovie che funzionano poco e male. È difficile da capire? Se lo è, c’è da supporre che chi decide per noi sia del tutto incapace, o peggio, che in piena capacità abbia scelto di far prevalere interessi privati in danno al benessere della collettività. Se fosse vero? Se fosse vero come ripeteva un noto slogan elettorale, se fosse vero ‘sarà bellissima’.